Il pensiero di John Rawls – 1921-2002

Rawls cover

In questo articolo illustriamo il pensiero dello statunitense John Rawls (1921-2020), il più influente filosofo politico dell’età contemporanea.

Biografia ed opere

Biografia

Opere

Una giustizia non utilitarista

Nella sua opera maggiore, Una teoria della giustizia (1971), Rawls si oppone fortemente ai classici autori utilitaristi. Bentham e Mill. L’autore parte dall’assunzione che la giustizia sia il primo requisito delle istituzioni sociali, come la verità lo è per le teorie scientifiche e dottrine filosofiche. Pertanto è inammissibile la tesi cardine dell’utilitarismo, ovvero quella che legittima il sacrificio di pochi per il benessere di un numero maggiore di individui. Come scrive Rawls:

Ogni persona possiede un’inviolabilità fondata sulla giustizia su cui neppure il benessere della società nel suo complesso può prevalere. Per questa ragione la giustizia nega che la perdita della libertà per qualcuno possa essere giustificata da maggiori benefici goduti da altri.

Quali saranno i criteri per definire la giustizia? Secondo Rawls, che assume una prospettiva kantiana, essa deve certamente essere universale e fondata su basi razionali. Proprio perché, come lo stesso pensatore riconosce, gli uomini abbiano certamente finalità, attitudini, gusti e caratteri diversi, è importante stabilire un comune accordo sui criteri per una equa distribuzione dei beni. In altri termini, affinché una società possa dirsi giusta o anche, seguendo le parole dello stesso pensatore, “ben ordinata”, è necessaria una concezione pubblica della giustizia, in base alla quale:

  • ogni individuo conosca e accetti, e sappia che gli altri conoscono e accettano gli stessi principi;
  • che le istituzioni soddisfino quei principi (ovvero, che a quei principi si dia concretezza.)

 

Se mancano questi due criteri, allora sarà molto difficile che una società possa essere giusta, solida e che in essa le relazioni tra i cittadini siano proficue. Se, ad esempio, sappiamo che una parte sociale non accetta i principi che noi accettiamo, allora verso di essa saremo sospettosi o addirittura ostili.

La posizione originaria

Ora si tratta di dare sostanza alle regole delle società ben-ordinate. A tal scopo, Rawls presenta l’oramai noto esperimento mentale della posizione originaria (original position). L’autore immagina che gli individui scelgano le regole di giustizia ed uguaglianza in una posizione di totale ignoranza in merito alla posizione che occupano in una determinata società. Tale velo di ignoranza (ignorance veil) fa in modo che, nel momento in cui si elaborano quelle regole, il singolo non sappia se sarà ricco, povero, malato, giovane, anziano.

Il punto dell’autore è che, ad esempio, se un individuo sapesse che sarà ricco nella società, allora si opporrebbe ad una tassazione eccessiva al fine di redistribuire il reddito verso gli individui più poveri. Vedrebbe sminuito un vantaggio. Allo stesso modo, il giovane forse avrebbe da lamentare l’eccessiva tassazione sulla sua busta paga per finanziare la pensione di un uomo anziano. Dunque, il velo di ignoranza si stende su ogni possibile conoscenza del proprio status sociale che possa indurre al conflitto col prossimo.

Dunque, nella posizione originaria e sotto il velo di ignoranza, le persone raggiungono un accordo equo, che è razionale, dettato dalla preoccupazione per la propria sorte. Tale accordo prescinde da contingenze sociali (essere nato in una famiglia ricca, ad esempio) o naturali (avere una qualche malattia inabilitate), e permette una condizione iniziale di equità, che per Rawls può definirsi giustiza. La teoria rawlsiana della giustizia è, in effetti, una teoria dell’equità.

Rawls, Kant e il contrattualismo

Rawls è cosciente che l’idea della posizione originaria e del velo di ignoranza, basi per la teoria della giustizia come equità, hanno una chiara origine kantiana. Il pensatore infatti scrive:

Credo che Kant abbia sostenuto che una persona agisce autonomamente quando i principi della sua azione sono scelti da lui come l’espressione più adeguata possibile della sua natura di essere razionale libero ed eguale. I principi in base ai quali agisce non vanno adottati a causa della sua posizione sociale o delle sue doti naturali, o in funzione del particolare tipo di società in cui vive, o di ciò che gli capita di volere. Agire in base a questi principi significa agire in modo eteronomo. Il velo di ignoranza priva le persone nella posizione originaria delle conoscenze che le metterebbero in grado di scegliere principi eteronomi. Le parti giungono insieme alla loro scelte, in quanto persone razionali libere ed eguali, conoscenze solo quelle circostanze che fanno sorgere il bisogno di principi di giustizia.

Rawls va anche oltre, affermando che i principi di giustizia-equità vanno intesi come veri e propri imperativi categorici morali kantiani. Essi sono frutto di una libera e razionale deliberazione degli individui, e sono assoluti proprio perché sono stati deliberati, grazie al velo di ignoranza, senza fattori contingenti.

Potremmo anche dire, seguendo il filosofo, che Rawls si collochi nella tradizione del contrattualismo, tradizione nella quale si collocano autori come Hobbes, Locke, Rousseau e Kant. Egli stesso afferma che il suo scopo:

[è] presentare una concezione della giustizia che generalizza e porta ad un più alto livello di astrazione la nota teoria del contratto sociale […]

Dobbiamo però affermare che il neocontrattualismo di Rawls differisce da quello classico. Se il contrattualismo classico, ha come fine la giustificazione della sovranità, il neocontrattualismo mira all’edificazione di una società giusta.

I principi di giustizia e un accenno al multiculturalismo

Rawls, sempre nella succitata opera, si occupa poi di delineare quali possano essere tali principi di giustizia. Quelli che individua Rawls non sono tuttavia delle regole pratico-morali o delle leggi politiche da seguire, bensì delle linee guida. In altri termini , sono criteri orientativi di tipo etico che andrebbero poi tradotti nelle specifiche istituzioni politiche e sociali. Ad ogni modo, il filosofo individua i seguenti principi:

  • ogni persona ha un uguale diritto al più esteso sistema di libertà fondamentali, nel rispetto di quelle altrui1.
  • le ineguaglianze economiche e sociali sono giustificabili soltanto se producono benefici per ognuno. Inoltre tutte le cariche pubbliche devono poter essere accessibili da tutti.

 

Nella seconda delle opere più importanti, Liberalismo politico (1993) di Rawls si concentra sul tema del multiculturalismo. Molte società infatti sono composte da individui diversissimi per cultura, religione, idee politiche ecc. Si tratta di trovare una risposta alla seguente questione:

[…] come è possibile che esista e duri nel tempo una società stabile e giusta di cittadini liberi e uguali, profondamente divisi da dottrine religiose, filosofiche e morali incompatibili, benché ragionevoli?

Abbiamo visto come i principi di giustizia sorti nella posizione originaria sotto il velo di ignoranza andassero compresi come imperativi categorici kantiani. In quest’opera Rawls stempera questa affermazione. La teoria della giustizia è soltanto una teoria politica, che però, a giudizio dell’autore, dovrebbe in ogni caso sorgere su un terreno comune di consenso (overlapping consensus). In altri termini, si deve assumere la possibili un terreno comune sul quale l’accordo debba sorgere, nonostante le differenze pluralistiche.

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