Il Quarantotto: la Primavera dei Popoli

Quarantotto cover

In questo articolo trattiamo il Quarantotto, l’anno ottocentesco che più di ogni altro è stato segnato da moti insurrezionali e patriottici.

Il Quarantotto in Europa

Il Quarantotto in Francia: monarchia, poi repubblica, poi impero

La nascita della Seconda Repubblica

I moti insurrezionali degli anni ’30-’31 si erano conclusi in Francia con la deposizione di Carlo X durante la Seconda Rivoluzione Francese. La corona era passata quindi a Luigi Filippo d’Orléans.

Il governo orleanista, guidato da François-Pierre Guizot, era tuttavia espressione solo dell’alta borghesia. Lo scollamento tra Paese legale e Paese reale era tale che, su 32 milioni di francesi, solo 250000 godevano del diritto di voto. Si richiedeva quindi una riforma elettorale e fu organizzata la campagna dei banchetti, riunioni politiche conviviali dell’opposizione. Quando il governo proibì uno dei banchetti, il 22 febbraio 1848, scoppiò una rivoluzione che in tre giorni sancì la nascita della Repubblica, la seconda dopo quella nata nel contesto della Rivoluzione Francese.

Il governo provvisorio della Seconda Repubblica

Il nuovo governo repubblicano si concentra particolarmente sulla questione sociale, spingendo la politica verso un orizzonte egualitarista e socialista1. Alcuni dei provvedimenti presi furono:

  • introduzione del suffragio universale maschile;
  • abolizione dei titoli nobiliari;
  • abolizione della pena di morte per i detenuti politici;
  • riduzione della giornata lavorativa a 10 ore;
  • formazione degli ateliers nationatux, ovvero laboratori finalizzati a dare lavoro ai disoccupati mediante il loro impiego in opere pubbliche di manutenzione.

 

Gli atelier sociaux, proposti da Blanc, non furono invece approvati. Dal canto loro, gli ateliers nationaux non ebbero successo. Infatti, da un lato non migliorarono significativamente la condizione operaia, dall’altro considerati come una temibile conquista socialista, come pure uno spreco di denaro pubblico da parte della borghesia.

La rivoluzione di giugno e nascita del Secondo Impero

Lo scontro politico e sociale si profilava all’orizzonte. Quando il 23 aprile 1848 si tennero le elezioni a suffragio universale maschile, la vittoria fu dei moderati, che ottennero i due terzi dei seggi parlamentari (600/900).  I quasi immediati provvedimenti legislativi furono:

  • l’abolizione della orario massimo di lavoro di 10 ore;
  • l’abolizione degli atelier nationaux;
  • l’obbligo per tutti gli operai e i disoccupati di arruolarsi nell’esercito.

 

Fu in particolare il terzo provvedimento a causare un nuova ondata di protesta, concretizzatasi in quattro giorni di durissimi scontri, tra il 23 e il 27 giugno 1848 (la cosiddetta Rivoluzione di giugno). Tuttavia, tale protesta fu duramente repressa dal generale Cavaignac: circa 3000 fucilazioni, 15000 arresti e 4000 deportazioni.

In questo scenario di scontro sociale, il regime repubblicano viene man mano a disgregarsi. Emerge come presidente della repubblica Carlo Luigi Napoleone Bonaparte, eletto in maniera diretta e con moltissime preferenze sia dai borghesi, che dai contadini che dai proletari. Proprio come Napoleone, il nipote riuscì poi a trasformare, tramite plebiscito, la Repubblica in Impero. Nasceva così il Secondo impero francese, guidato da Napoleone III.

Il Quarantotto in Austria

In Austria una violenta insurrezione scoppia il 13 marzo 1848 a Vienna. L’imperatore Ferdinando I d’Austria licenziò quindi Metternich e si espresse a favore dell’elezione di un’Assemblea Costituente. L’Austria tuttavia ospitava focolai insurrezionali non solo nella sua capitale. In particolare sono altri due i moti che segnano il 1848 per l’Austria:

  • il moto patriottico-indipendentista ungherese, esploso a Budapest il 15 marzo 1848, guidato da  Lajos Kossuth;
  • il moto insurrezionale-autonomista di Praga, esploso il 19 marzo 1848, la cui finalità era quella di ottenere maggiore autonomia per i Cechi.

Nonostante questi numerose iniziative rivoluzionarie, l’Impero resse e, per l’agosto del 1849, ogni rivolta era stata repressa, anche con l’aiuto delle truppe russe di Nicola I. Ricordiamo che, nel dicembre del 1848, Ferdinando I abdicò a favore del nipote Francesco Giuseppe, che guiderà l’Austria sino al 1916.

Il Quarantotto in Germania e il pangermanesimo

Il Congresso di Vienna aveva riconfigurato la Germania, dando vita alla Confederazione Germanica, formata da 39 Stati tedeschi. Tali Stati, si riunivano poi nella Dieta di Francoforte, un’assemblea dal carattere più simbolico, il cui potere di iniziativa politica era assai scarso. Trattandosi di un confederazione, ogni Stato era infatti indipendente e ognuno aveva la sua particolare “sfumatura” monarchica: alcuni Stati, governati da sovrani più illuminati e liberarli, presentavano un regime di monarchi costituzionale, altri una assoluta.

Ad ogni modo, gli Stati che più degli altri, per potenza e prestigio, si presentavano come egemoni, erano la Prussia e l’Austria.  Si andava sviluppando quindi la questione dell’unità tedesca, ed in particolare la questione del pangermanesimo:

Pangermanesimo (patriottico)
Il pangermanesimo, nella sua accezione patriottica, fa riferimento alla volontà, espressa nella parlamento rivoluzionario di Francoforte, di unire in un unico Stato tutti gli Stati della confederazione. Il dibattito, in particolare, attiene a due posizioni:

  •  quella sostenuta dalla fazione Kleindeutsch (piccolo tedesco), ovvero la creazione di una piccola Germania, guidata dalla Prussia degli Hoenzollern;
  • quella sostenuta dalla fazione Grossdeutsch (grande tedesco), ovvero la creazione di una grande Germania che comprendesse anche l’Austria.

Viva era quindi la discussione relativa alla possibile unità tedesca, sia nel modo della piccola Germania, sia nel modo della grande.  La rivoluzione scoppiò quindi il 14 marzo 1848 e si diffuse in tutta la Germania. Nacque quindi un’Assemblea costituente che, dopo un acceso dibattito, propendette per l’unificazione sotto gli Hoenzollern. Il monarca prussiano, Federico Guglielmo IV, tuttavia non accettò la corona che pure gli era stata offerta (aprile 1849). Le motivazioni di questo rifiuto sono legate al fatto che Federico Guglielmo IV non poteva concepire che il suo potere fosse legittimato da un’azione rivoluzionaria.

L’Assemblea si spostò a Stoccarda, ma lo slancio rivoluzionario era andato oramai perdendosi e fu repressa. Anche i moti insurrezionali in Germania, furono quindi un fallimento.

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Il Quarantotto in Italia – Inizia il Risorgimento

Un biennio di riforme e costituzioni ottriate – 1846-1848

In Italia si assistette ad un periodo di riforme a partire dal 1846, quando salì al soglio pontificio Pio IX. Il nuovo pontefice attuò una serie di provvedimenti di stampo liberale. Tra essi:

  • abolizione delle censura preventiva;
  • l’amnistia ai prigionieri politici;
  • aprì il governo dello Stato Pontificio anche ai laici

 

Molti altri Stati italiani seguirono l’esempio di Pio IX e concessero delle riforme o una costituzione. Solo nel Regno delle Due Sicilie sembrava inamovibile. Il 12 gennaio 1848 infatti scoppiò un moto insurrezionale a Palermo, governata presto dagli insorti. L’Austria non ebbe modo di intervenire, occupata dai suoi problemi interni, e Ferdinando II non poté fare a meno di concedere una costituzione. Seguirono, nella concessione di una Costituzione, il Gran Ducato di Toscana e il Regno di Sardegna, dove Carlo Alberto concesse lo Statuto Albertino (4 marzo 1848).

 FOCUS – Lo Statuto Albertino

Lo Statuto Albertino, concesso il 4 marzo 1848, è rimasto in vigore praticamente sino all’introduzione della nostra Costituzione repubblicana. Lo Statuto Albertino è una concessione ottriata2, ovvero donata, concessa da sovrano. Come si legge nell’incipit della Carta infatti:

Considerando Noi le larghe e forti istituzioni rappresentative contenute nel presente Statuto Fondamentale come un mezzo il più sicuro di raddoppiare coi vincoli d’insolubile affetto che stringono all’Italia Nostra Corona un Popolo, che tante prove Ci ha dato di fede, d’obbedienza e d’amore, abbiamo determinato di sancirlo e promulgarlo […]

La Carta quindi è un dono che il sovrano concede al Popolo. Si noti pure l’espressione l’Italia Nostra Corona, sintomatica di una concezione patrimoniale della sovranità ancora non estintasi a metà dell’Ottocento. E del resto, non dovremmo aspettarci che lo Statuto Albertino sia simile alle costituzioni attuali. Per notarlo è sufficiente leggere alcuni articoli, che ben fanno comprendere come la figura centrale di governo rimanga il sovrano, il quale detiene tutto il potere esecutivo, quello giudiziario e buona parte di quello legislativo. Lo Statuto Albertino, di cui riportiamo alcuni articoli3, è quindi solo una timida apertura al liberalismo, ma è assolutamente lontano da orizzonti democratici.

Art. 2 –  Lo Stato è retto da un Governo Monarchico Rappresentativo. Il Trono è ereditario secondo
la legge salica.

Art 3. –  Il potere legislativo sarà collettivamente esercitato dal Re e da due Camere: il Senato, e
quella dei Deputati.

Art. 5 – Al Re solo appartiene il potere esecutivo. Egli è il Capo Supremo dello Stato […]

Art. 6 – Il Re nomina a tutte le cariche dello Stato; e fa i decreti e regolamenti necessari per l’esecuzione delle leggi, senza sospenderne l’osservanza, o dispensarne

Le Cinque Giornate di Milano – 18-22 marzo 1848

Per l’Italia il Quarantotto non significa soltanto riforme e costituzioni concesse, ma anche guerra. L’Italia infatti risente del disordine insurrezionale che attraversa tutta l’Europa. In particolare, il giorno prima della concessone dello Statuto Albertino, a Vienna scoppia un’insurrezione (13 marzo 1848). Una insurrezione segue poi a Venezia (17 marzo) ed un’ulteriore insurrezione a Milano il giorno successivo. L’insurrezione milanese fu particolarmente significativa. Trattasi infatti delle cinque giornate di Milano (18-22 marzo 1848), nelle quali il popolo milanese caccia dalla città le truppe austriache guidate dal generale Radetzky4, all’epoca governatore del Lombardo-Veneto.

La Prima Guerra d’indipendenza  – 23 marzo 1848 – 24 marzo 1849

Prima fase – Dalla dichiarazione di guerra all’armistizio di Vigevano – 23 marzo – 9 agosto 1848

Le cinque giornate di Milano rappresentarono anche un casus belli. Data la momentanea ritirata austriaca, da più fronti si fecero pressioni al Regno di Sardegna per attaccare gli austriaci e riprendere il Lombardo-Veneto. Carlo Alberto dichiarò guerra all’Austria il 23 marzo con un duplice fine:

  •  certamente cogliere l’occasione di annettere il Lombardo-Veneto;
  • evitare che l’eventuale sconfitta austriaca ricadesse nei meriti delle forze democratiche e repubblicane, che avrebbero poi portato le loro istanze al regno di Sardegna.

 

La guerra, almeno al suo inizio, sembra andare a favore dei Piemontesi, che vincono importanti battaglie a Pastrengo (30 aprile 1848) e Goito (30 maggio 1848). Ad ogni modo lo slancio dura poco, dato che l’abile generale Radetzky fa asserragliare le truppe austriache nel quadrilatero, costituito da Legnano, Verona, Mantova e Peschiera.

L’esercito sabaudo conseguì altri successi e varie città, come Parma, Milano, Modena e Venezia furono annesse al Regno di Sardegna. Nello scontro decisivo tuttavia, a Custoza (23-25 luglio 1848) i Piemontesi furono sonoramente sconfitti. Si arrivò così all’armistizio di Vigevano del 9 agosto 1848.

Seconda fase – Dalla Repubblica Romana  all’armistizio di Vignale – febbraio – 23 marzo 1849

La seconda fase della Prima Guerra d’indipendenza viene innescata da un’ondata di proteste per la delusione dato l’esito inconsistente della prima fase. Significativa è l’esperienza della Repubblica Romana. Pio IX è costretto a fuggire e a rifugiarsi a Gaeta, e a Roma viene istituita una repubblica governata da un triumvirato composto da Armellini, Mazzini e Saffi.

Altre pressioni, da parte democratica, investono Carlo Alberto, che si decide a dichiarare nuovamente guerra agli Austriaci. Tuttavia, questa seconda fase dura molto poco. I Piemontesi vengono sconfitti a Novara il 23 marzo 1849 e già il giorno successivo Vittorio Emanuele II, figlio dell’abdicato Carlo Alberto, firma l’armistizio di Vignale (24 marzo 1849).

Come le tessere di un domino, tutte le altre esperienze indipendentiste tra cui la Repubblica Romana, capitolata il 4 luglio per l’intervento di truppe francesi e spagnole, nonostante alla sua difesa contribuì anche Garibaldi.

Videolezione di sintesi 2

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