I moti insurrezionali dell’Ottocento dal 1820 al 1831

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In questo articolo trattiamo i moti insurrezionali che attraversarono la prima metà dell’Ottocento, a più riprese, dal biennio del 1820-21 sino al 1831.

Le società segrete

I moti insurrezionali del 1820-1821

Come si è già affermato, il Congresso di Vienna e la Restaurazione ebbero lo scopo anacronistico di riportare la geopolitica e i sistemi di potere alla configurazione precedente alla Rivoluzione Francese.

La reazione a questo programma non si fece attendere. Un primo periodo di insurrezioni accompagnò infatti il biennio tra il 1820 e il 1821.

I moti insurrezionali in Spagna

L’anno 1820 si apre, il primo dell’anno, con una rivolta delle truppe che a Cadice dovevano imbarcarsi per l’America Latina. L’esercito chiedeva il ritorno alla Costituzione del 1812. La cosiddetta Costituzione di Cadice, emanata dalle forze che si opponevano all’occupazione napoleonica, limitava i poteri del sovrano, prevedeva il suffragio universale maschile e garantiva la libertà di iniziativa economica. Fu anche la prima costituzione spagnola non concessa, ma votata. Re Ferdinando VII, per evitare l’acuirsi della protesta, concesse lo Statuto.

La situazione ritornò allo status quo con l’intervento della Santa Alleanza, che restaurò il regime assolutistico dei Borboni.

I moti insurrezionali in Italia

In Italia nel biennio 1820-1821 possono essere divisi geograficamente: una rivolta nel Meridione e una rivolta in Piemonte.

Insurrezioni nel Meridione

Nel Regno delle Due Sicilie, tra il 1° e il 2 luglio 1820, a Nola, scoppiò una rivolta il cui motto era Costituzione e libertà. L’insurrezione era guidata dal generale Guglielmo Pepe, che si era già battuto per la Repubblica Partenopea. Dopo poco meno di due settimane, il 13 luglio, Ferdinando I di Borbone concesse una costituzione, molto simile a quella concessa Ferdinando VII in Spagna. Tale Costituzione prevedeva l’instaurazione, nel Regno delle Due Sicilie, di una monarchia costituzionale, così strutturata:

  • si concedeva un parlamento ed esso disponeva del potere legislativo;
  • il re, in quanto istituzione godeva dell’inviolabilità e conservava il potere esecutivo;
  • allo stesso tempo, il monarca doveva giurare fedeltà alla Costituzione.

 

Dopo appena due giorni, in Sicilia e precisamente a Palermo, scoppiava un’altra rivolta fomentata dall’aristocrazia siciliana. Tale rivolta non aveva lo scopo di ottenere un Costituzione – già concessa -, ma di conseguire una vera e propria secessione dal Regno. L’insurrezione fu repressa con l’invio da Napoli di 10000 uomini.

Quanto era accaduto nel Meridione aveva comunque preoccupato i vertici politici delle potenze europee. In base al principio d’intervento si giudicò opportuno formare un esercito di coalizione per restaurare l’assolutismo borbonico in Meridione. Nel gennaio del 1821 Ferdinando I si recò a Lubiana per partecipare al congresso con le altre potenze. Pur avendo promesso di difendere la Costituzione concessa, egli autorizzò l’intervento militare della Santa Allenanza, affermando di essere stato costretto a concedere la Costituzione.

L’esperienza insurrezionale del Regno delle Due Sicilie si concludeva quindi il 23 marzo 1821 con l’intervento della Santa Alleanza e la restaurazione dell’assolutismo borbonico.

Insurrezione in Piemonte

I moti insurrezionali in Piemonte avvennero contemporaneamente a quelli nel Meridione. L’oggetto della protesta era certamente la monarchia assolutistica di Vittorio Emanuele I. I protagonisti dell’insurrezione furono i carbonari, guidati da Santore di Santarosa e Cesare Balbo, in parte appoggiati dal’erede al trono Carlo Alberto.

La rivolta scoppiò ad Alessandria, nella notte tra il 9 e il 20 marzo 1821 e arrivò a Torino il 23 marzo. Lo scopo dei rivoltosi era quello di formare uno Stato unitario nell’Italia settentrionale.Vittorio Emanuele I abdicò in favore del fratello Carlo Felice che si trovava a Modena, mentre Carlo Alberto, assumendo una reggenza temporanea, si impegnò a concedere una costituzione e a formare un governo liberale.

Tale parentesi durò molto poco. Il legittimo sovrano, Carlo Felice, tornò in Piemonte, annullò la Costituzione e, con l’appoggio austriaco, represse la rivolta. Tra i carbonari condannati, va ricordato certamente Silvio Pellico. Condannato ad esser rinchiuso nella fortezza asburgica di Spielberg, ivi scrisse la famosa opera Le mie prigioni (1832), un testo di riferimento per i moti patriottici e insurrezionali. Santarosa riuscì invece a sfuggire, trovando la morte quattro anni dopo mentre combatteva per l’indipendenza della Grecia.

Lo strascico del 1825: la fallimentare rivolta decabrista in Russia

Alla morte dello zar Alessandro I nel 1825 seguì una rivolta promossa dagli ufficiali dell’esercito. Tale rivolta scoppiò nel dicembre del 1825 e pertanto il nome di decabrista1. Gli insorti erano tuttavia divisi al loro interno tra un’ala moderata ed un’ala radicale. Di questa debolezza approfittò il nuovo zar, Nicola I, che represse l’insurrezione nel sangue.

Le ragioni del fallimento dei moti insurrezionali del 1820-1821

In somma sintesi si possono addurre due principali motivazioni per il fallimento dei moti insurrezionali che attraversarono l’Europa in questo biennio:

  • il principio di intervento della Restaurazione si era dimostrato un mezzo efficace per soffocare eventuali rivolte.
  • i moti di insurrezione non ebbero la capacità di smuovere le masse. Furono, in sostanza, il frutto dell’iniziativa dei reparti militari (come in Spagna e in Russia) o di élite patriottiche, politiche e intellettuali.

La Grecia conquista l’indipendenza – 1829

Ai primi dell’Ottocento la Grecia non era indipendente, ma occupata dalle forze turche dell’Impero Ottomano. Nella Grecia era diffuso un certo malcontento, espresso non soltanto dagli intellettuali, ma anche dal popolo. La speranza nella conquista dell’indipendenza era rafforzata anche dal periodo di crisi e decadenza che l’Impero Ottomano stava affrontando.

L’insurrezione fu organizzata dalla società segreta Eterìa, il cui capo era Alexandros Ypsilanti. Gli insorti presero il 1° gennaio 1822 la fortezza di Epidauro, proclamando l’indipendenza. Tuttavia, tale azione causò una durissima repressione da parte dei Turchi, che massacrarono quasi tutti gli insorti. La lotta per la conquista dell’indipendenza Greca conquistò le simpatie di molti patrioti e intellettuali romantici in Europa: vanno certamente ricordati Lord Byron e il già citato Santore di Santarosa, che persero la vita proprio combattendo contro i Turchi.

La storia dell’indipendenza greca deve considerarsi come legata ai vari equilibri e interessi geopolitici delle potenze europee. La Russia e la Francia infatti erano interessate alla Grecia come possibile sbocco nel Mediterraneo. D’altro canto Austria e Inghilterra non temevano una possibile espansione russa ai danni dell’Impero Ottomano. La politica da attuare fu decisa in una conferenza a Londra nel 1827: porre un ultimatum alla Turchia al fine di farle riconoscere l’indipendenza della Grecia. La Turchia oppose il suo rifiutò, e il 20 ottobre 1827 si arrivò alla battaglia navale di Navarino, in cui una flotta anglo-francese sconfisse quella turca. La Turchia riconobbe solo due anni dopo, nel settembre 1829, l’indipendenza greca, con la pace di Adrianopoli.

La conquista dell’indipendenza, formalmente ottenuta, fu, di fatto, un successo solo parziale. Liberata dai Turchi, la Grecia era posta sotto la sfera d’influenza dell’Inghilterra e il suo sovrano era diventato il principe tedesco Ottone I di Wittelsbach.

Video-lezione di sintesi 1

I moti insurrezionali del 1830-1831

La Seconda Rivoluzione Francese – 27-29 luglio 1830

A Luigi XVIII successe, nel 1824, il figlio Carlo X. Il nuovo monarca avviò una serie di politiche atte alla restaurazione dell’assolutismo. Riaffidò le università al controllo della Chiesa, risarcì i nobili danneggiati dalla Rivoluzione Francese. Anche le masse popolari furono danneggiate: il cattivo raccolto del 1825 causò un significativo aumento dell’inflazione. I ceti cittadini invece furono colpiti da una crisi economica che portò alla chiusura di molte attività commerciali e manifatturiere.

A questi provvedimenti si devono aggiungere le note quattro ordinanze:

  1. sospensione della libertà di stampa periodica;
  2. scioglimento del parlamento per decreto regio (inappellabile);
  3. nuove elezioni per il 1830;
  4. forte restrizione del corpo elettorale.

 

Il puntò di rottura si raggiunse nel luglio del 1830, e precisamente nelle Tre gloriose giornate (27-29 luglio). I parigini insorsero e dopo uno scontro con le guardie del re in cui trovarono la morte duemila persone, Carlo X fu costretto a fuggire.

La corona fu offerta al nobile Luigi Filippo d’Orléans, di idee liberali. D’Orleans promise di rispettare la Costituzione e il Parlamento, sostituendo la bandiera borbonica con il tricolore rivoluzionario.

L’indipendenza del Belgio

Il Belgio divenne indipendente in seguito ad una rivolta scoppiata a Bruxelles il 25 agosto 1830 il cui fine era quello di separarsi dall’Olanda. Finiva così il Regno delle Provincie Unite. L’insurrezione secessionista belga fu certamente notata dalla Santa Alleanza, tuttavia sia Francia che Inghilterra erano interessati all’indebolimento dell’Olanda, e fecero valere il principio di non ingerenza straniera negli affari dei singoli stati.

Il Belgio ottenne così la propria autonomia e sovranità. La sua forma di governo fu una monarchia costituzionale di stampo liberale, in cui il re, allora Leopoldo I, nominava il governo sulla scorta delle indicazioni del parlamento.

L’insurrezione anti-austriaca di Ciro Menotti

La nuova ondata di insurrezioni del 1830-’31 toccò anche l’Italia. L’episodio più importante fu la rivolta anti-austriaca iniziata a Modena dal commerciante Ciro Menotti e dall’avvocato Enrico Misley, appartenenti alla Carboneria. Lo scopo era quello di creare uno stato unitario nell’Italia centrale, sovrano e indipendente dall’Austria. L’iniziativa avrebbe potuto contare sull’appoggio del duca di Modena Francesco IV, che, tuttavia, fece arrestare Menotti il giorno prima dello scoppio della rivolta (3 febbraio 1831).

La rivolta si diffuse a Bologna e Parma, come pure nelle Marche e in Umbria. Si formarono diversi governi locali provvisori, che tuttavia furono spazzati via dalla repressione austriaca.

Video-lezione di sintesi 2

Timeline interattiva dei moti insurrezionali tra il 1820 e 1831

Per vedere la timeline a schermo intero clicca qui.

Geomappa interattiva dei moti insurrezionali tra il 1820 e il 1831

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