Il pensiero di Arthur Schopenhauer – 1788-1860

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In questo articolo trattiamo il pensiero di Arthur Schopenhauer, filosofo tedesco vissuto tra il 1788 e il 1860.

Biografia e opere

Biografia

Opere

Il mondo come volontà e rappresentazione

La principale opera di Schopenhauer è Il mondo come volontà e rappresentazione. Essa si divide in quattro parti:

  1. viene analizzato il mondo in quanto mia rappresentazione:
  2. si tratta il concetto di volontà;
  3. si tratta l’arte;
  4. infine, si tratta il concetto di nolontà (noluntas).

 

Il fenomeno

Partiamo dalla prima. Cosa significa che il mondo è una mia rappresentazione1? Il filosofo riprende la distinzione kantiana tra fenomeno e noumeno. Tuttavia, mentre per Kant il noumeno era un concetto limite, non esperibile né conoscibile, ma solo pensabile, per Schopenhauer possiamo accedere alla realtà noumenica, squarciando quello che egli chiama il velo di Maya.

Ritorneremo sulla questione del noumeno più tardi. Per ora occupiamoci del fenomeno. Per il filosofo tedesco il nostro modo di percepirlo si basa soltanto su tre forme a priori: spazio, tempo e causalità. Lo spazio e tempo collocano l’oggetto, la causalità è ciò che genera il movimento degli oggetti. Il pensatore riduce l’apparato delle funzioni a priori kantiane, poiché reputa che la conoscenza si basi sulle relazioni. Conosciamo un oggetto in quanto calato in una trama di relazioni con altri, non da solo. Inoltre, se per Kant la mente è un’insieme di funzioni, Schopenhauer la identifica con il cervello.

Il principio di ragion sufficiente

Prendendo a prestito il principio di ragion sufficiente di Leibniz, Schopenhauer

 

Il noumeno di Schopenhauer: la volontà

Se il fenomeno è la rappresentazione, il noumeno è la volontà. Spiegheremo a breve cosa il filosofo intenda con questo concetto. Prima è importante comprendere che lo squarciamento del velo di Maya che separa fenomeno da noumeno è per l’uomo possibile in quanto l’uomo stesso è sia fenomenico che noumenico. L’uomo, oltre ad avere una mente, oltre ad essere un’alata testa d’angelo, è anche corpo.

Il corpo, essendo oggetto del mondo, risponde a quello che è un cieco e irresistibile impeto, la volontà, che il filosofo definisce come di seguito:

Il mondo, nella molteplicità delle sue parti, e delle sue formazioni, è il fenomeno, l’oggettivazione di un’unica volontà di vivere. L’esistenza stessa e i suoi modi, nel tutto e nelle singole parti, non hanno radice che nella volontà.

La volontà è dunque questo principio noumenico che è lo sfondo dietro ogni fenomeno. Nelle piante e negli animali si manifesta la volontà di vivere, ma solo nell’uomo si ha coscienza di essa.

Tabella di confronto tra Kant e Schopenhauer

Kant Schopenhauer
Fenomeno Nasce dalla sensibilità e dall’opera unificatrice dell’intelletto (Io penso) Una rappresentazione, simile ad un sogno e ad un’illusione
Noumeno Un concetto limite che può essere pensato, ma mai esperito né tanto meno conosciuto La volontà, quel cieco e irresistibile impeto che si manifesta in ogni fenomeno
Forme a priori Le forme pure a priori della sensibilità, le categorie, le idee della ragione Spazio, tempo e causalità
Mente umana Non viene descritta in termini fisiologici, ma funzionali e cognitivi Coincide con il cervello

Le caratteristiche della volontà

Schopenhauer concepisce la volontà come un impulso irrazionale, una fame caotica che pervade tutta l’esistenza e che si manifesta in maniera più o meno complessa nei fenomeni. Essa presenta le seguenti caratteristiche:

  • ovviamente, come abbiamo già anticipato, essa è il noumeno;
  • è unica e onnipervasiva;
  • è cieca e irrazionale: non persegue nessuna finalità e, come tale, è indifferente ai prodotti della sua azione.

 

Soffermandoci sul terzo punto, possiamo notare sia questo il luogo di maggior distanza tra Hegel e Schopenhauer. Il primo costruisce il suo sistema su un rigido piano razionale-dialettico che è la base per una concezione ottimistica-giustificazionista del reale. Per Schopenhauer, la realtà fenomenica è il luogo in cui la volontà, che è irrazionale e afinalistica, si manifesta. E si manifesta in infinite modalità diverse: dalla preda che sfugge al predatore alla poesia. Se il mondo è pervaso da questa forza, il filosofo non può che abbracciare un pessimismo metafisico radicale. La stessa libertà dell’uomo è negata: l’uomo si considera libero, ma le sue azioni sono sempre oggetto di quella forza irrazionale.

La volontà, la vita dell’uomo e la storia secondo Schopenhauer

La vita umana

Quali sono gli effetti della volontà sulla condizione esistenziale dell’uomo o, in altre parole, sulla vita dell’uomo? La volontà, essendo un impulso irresistibile, si manifesta come desiderio. Ora rispetto al desiderio due possibilità sono possibili:

  • la soddisfazione. Il desiderio è soddisfatto, ma questo avviene sempre a scapito di qualcun’altro o qualcos’altro. Come gli animali soddisfano il loro desiderio mangiando le piante o altri animali, così l’uomo soddisfa i suoi sfruttando gli animali, come pure i suoi pari, nell’ottica di hobbesiana dell’homo homini lupus. Scrive Schopenhauer:

Come l’uomo si comporti con l’uomo è mostrato, ad esempio, dalla schiavitù dei neri […] Ma non c’è bisogno di andare così lontano: entrare nelle filande o in altre fabbriche all’età di cinque anni e, da allora in poi sedervi per dieci, poi dodici, infine quattordici ore al giorno, ed eseguire lo stesso lavoro meccanico, significa pagare caro il piacere di respirare.

L’umanità tutta, come pure gli animali vivono in una sofferenza causata dall’altro, causata semplicemente dal fatto di esistere. L’uomo soffre più di tutti gli altri poiché, come afferma il filosofo:

[…] più intelligenza avrai più soffrirai.

  • Ma per chi soddisfa il proprio desiderio le cose non vanno meglio. La soddisfazione del desiderio si traduce in noia, da cui si può fuggire solo attraverso un nuovo desiderare. Ne segue un circolo vizioso, una tragedia dal finale già scritto, la considerazione di come la vita sia un pendolo che oscilla tra dolore e noia.

La storia e la morale

Se la condizione esistenziale è effettivamente un inferno in cui ognuno è diavolo per l’altro, allora se ne può pure concludere che la stessa storia non ha alcun senso. Diversamente da Hegel o dai Positivisti, Schopenhauer non attribuisce alcun senso o direzione o progresso alla storia. Essa è una tragedia che a furia di ripetersi diventa una farsa.

In questo senso non le azioni che di solito giudichiamo morali in realtà non lo sono. Il benefattore sta agendo sotto l’influsso della volontà, perché fare beneficenza lo fa sentire bene, non per genuino interesse vero il suo prossimo. Ancora, l’amore, come sentimento, non è che la sublimazione della pulsione sessuale, che una volta soddisfatta riporta alla noia. Celebri sono le affermazioni del filosofo sia sull’amore che sul concepimento:

Se la passione di Petrarca fosse stata appagata, il suo canto sarebbe ammutolito.

[Il concepimento è] due infelicità che ne mettono al mondo una terza.

Tabella di confronto tra Hegel e Schopenhauer

Hegel Schopenhauer
Realtà Coincidenza tra realtà e razionalità “Ciò che è reale è razionale; ciò che è razionale è reale”. Irrazionale, il cieco e irresistibile impeto alla vita
Il principio di realtà La Ragione, l’Assoluto, l’Idea La volontà
Atteggiamento filosofico Ottimismo Pessimismo metafisico radicale
Condizione umana L’uomo è una pedina dello spirito universale Un pendolo che oscilla tra dolore e noia
Morale Definita dalla comunità a cui si appartiene Nasce dalla compassione e dal rimorso
Concezione della storia La storia è un progresso, è un dispiegarsi della ragione Non vi è progresso, ma una tragedia che si ripete continuamente.

Schopenhauer sul suicidio

Si potrebbe arrivare alla conclusione che l’unica soluzione per sfuggire all’inferno dell’esistenza sia il suicidio. Il filosofo non accetta come adeguata questa soluzione, per almeno due motivi:

  • Suicidarsi non è sottrarsi dal giogo della volontà di vivere. Il suicida non rifiuta la vita in sé, rifiuta quel modo di vivere. I suicidi sempre causati da una vita ritenuta insopportabile, per una delusione amorosa, per un lutto, per un fallimento economico. Non si rifiuta la vita, ma quella vita reputata insopportabile.
  • Il suicidio non intacca la volontà di vivere, ma si limita a sopprimere la persona.

Le vie per la liberazione dal dolore e dalla noia per Schopenhauer

Il suicidio, come abbiamo visto, non è una soluzione alla tragedia esistenziale. Tuttavia, ciò non significa che Schopenhauer non offra delle soluzioni in tal merito. In particolare il filosofo individua tre strade che l’uomo può percorrere per liberarsi dal dolore e dalla noia: l’arte, la morale e l‘ascesi. Le analizziamo di seguito.

L’arte

L’arte è il primo passo verso la liberazione dal dolore. Essa consiste nella contemplazione delle idee, quelle forme immutabili già introdotte da Platone. Tale contemplazione è una piccola fuga dalla tirannia della volontà, in quanto tale contemplazione, possibile solo per l’artista, che più degli altri è capace di vedere le idee, perché è disinteressata, dunque priva di desiderio.  Bisogna rimarcare però il suo carattere puramente provvisorio. Il filosofo ne parla come di un “breve incantesimo”.

Schopenhauer traccia poi una vera e propria gerarchia delle arti, da quelle figurative, passando per la poesia sino ad arrivare alla musica.

La morale

L’arte, come abbiamo visto, non è sufficiente. Il passo successivo per Schopenhauer è la morale. Secondo il filosofo la morale non sorge nella forma di un imperativo categorico come in Kant, ma da due sentimenti:

  • Il rimorso. È  semplicemente il senso di giustizia che può seguire l’ingiustizia compiuta. Si arriva a concepire l’altro come dotato della mia stessa dignità e di conseguenza ci si astiene dal fargli del male. Questo sentimento è negativo, nel senso che consiste in un non agire.
  • La compassione. Per Schopenhauer questa è la vera forma d’amore. La compassione, o pietà, significa letteralmente “soffrire insieme“. Con questo sentimento, non solo, come nel rimorso, comprendo che l’altro ha la mia stessa dignità, ma comprendo pure come con lui condivido la pessima condizione esistenziale. Anche lui, come me, è calato in questo inferno. Non solo abbiamo la stessa dignità, ma siamo uguali, abbiamo lo stesso ruolo metafisico, quello di soffrire.

L’ascesi, la noluntas e il Nirvana

La moralità dal canto suo non permette la completa liberazione dal dolore. Infatti compatire è comunque un patire. Per il filosofo – e questo è un aspetto molto problematico della filosofia di Schopenhauer – l’unica via che libera dal dolore è l’ascesi. Ascesi intesa come un percorso che attraversa i seguenti gradi:

  • la castità;
  • la povertà volontaria;
  • il digiuno;
  • il sacrificio.

 

Queste pratiche ascetiche dovrebbero portare alla noluntas che, diversamente dal suicidio, dovrebbe sopprimere la volontà, di cui è negazione, di modo che:

Non più volontà, non più rappresentazione, non più mondo. Davanti a noi non resta invero che il nulla.

La concezione di Schopenhauer della noluntas, punto di arrivo dell’ascesi, non è simile ad un’estasi mistica cristiana. In quest’ultima avviene il congiungimento tra l’anima dell’uomo con Dio. La noluntas è invece del tutto simile al Nirvana, concetto induista e buddhista che definiamo di seguito.

Nirvana
Il termine deriva dal greco significa letteralmente “cessazione“, “estinzione”. Esso indica  l’assenza di qualsiasi stato e condizione definibile. Secondo alcune concezioni orientali invece è lo stato di imperturbabilità2, pace e armonia che il saggio può raggiungere anche prima di morire. 

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