I filosofi di Roma: da Cicerone a Marco Aurelio

Cicerone cover

In questo articolo forniamo una panoramica della filosofia a Roma da Cicerone a Marco Aurelio.

La filosofia a Roma

Dal punto di vista squisitamente teoretico, la filosofia romana non tocca minimamente i vertici speculativi raggiunti nella Grecia di Platone e Aristotele. La mentalità romana era del tutto scevra, infatti, dalla tendenza alla speculazione, rivolgendosi per lo più a questioni pratiche come le opere ingegneristiche o a quelle attività che, nel loro generale complesso, erano funzionali alla grandezza di Roma. Non mancarono episodi di intolleranza verso quei
filosofi greci che si stabilirono a Roma
.

Basti ricordare che nel 161 a.C. un decreto espelleva i filosofi greci da Roma. Alcune personalità romane di spicco, come Catone il Censore, videro nella cultura greca una minaccia all’unità dei valori della cultura tradizionale. Altri ambienti romani appartenenti all’aristocrazia più, come il circolo degli Scipioni, accolsero di buon grado la cultura greca. Di Orazio, poeta latino, è la famosa frase Graecia capta ferum victorem cepit (Orazio, Epistole, Il, 1, 156).  Essa sta ad indicare come, nonostante le opposizioni interne, via via la cultura, ma anche in parte gli usi e i costumi, provenienti dalla Grecia contribuirono ad incivilire la civiltà romana. Da un certo periodo in poi fu comune per i figli dei patrizi approfondire gli studi di retorica e filosofia in Grecia. 

Un città come Roma inoltre, capitale di uno tra i più estesi e duraturi domini dell’età antica, risentiva delle influenze culturali dei territori di cui si era impossessata. Di conseguenza una delle componenti di ciò che con molta approssimazione chiamiamo filosofia romana è l’eclettismo.

Eclettismo1
Atteggiamento di pensiero che sceglie e accetta dai vari sistemi filosofici alcune dottrine, e le coordina armonicamente.

Proprio a partire dalla conquista della Grecia che si può datare l’ingresso della filosofia a Roma. 

 

Cicerone, Lucrezio, Seneca e Marco Aurelio

Cicerone

Uno dei nomi romani che più di altri si lega alla filosofia è sicuramente quello di Marco Tullio Cicerone. Cicerone, in quanto brillante avvocato nonché senatore, dedicò la maggior parte della sua vita all’oratoria, alla retorica ed alla politica. Tuttavia un certo spazio fu dedicato alla filosofia in occasione di alcuni avvenimenti biografici che, tenendolo lontano dalla cosa pubblica, lo costrinsero alla riflessione2.

Il contributo di Cicerone alla filosofia non contiene alcune elemento di originalità. Esso è tuttavia rilevante perché egli si occupò di introdurre per la lingua latina alcuni termini della lingua greca. Come riporta Eco:

Cicerone si pone come obiettivo di diffondere tra i suoi concittadini la filosofia ellenistica greca, di cui peraltro la sua produzione rimane a tutt’oggi una fonte imprescindibile di informazione.

Le opere filosofiche di Cicerone hanno quindi il carattere di un resoconto introduttivo dei temi fondamentali della filosofia ellenistica – epistemologia, etica, teologia – che egli presenta secondo la tecnica accademica dell’argomentare pro e contro, lasciando così al lettore il giudizio finale.

Cicerone è consapevole di non elaborare una filosofia originale e ammette continuamente la sua dipendenza dai modelli greci, anche se dichiara di non fare una semplice opera di traduzione.

[…] nei prologhi alle sue opere filosofiche egli rivendica il merito di esporre le diverse opinioni filosofiche secondo la sua personale interpretazione, rilevandone pregi e debolezze, e arricchendole con le allusioni costanti alla storia e alla letteratura romana.3

Le opere di Cicerone

Le principali opere filosofiche di Cicerone sono le Tuscolanae Disputationes (45 a.C.) in cui l’autore parla della morte, del dolore, della tristezza, dei turbamenti umani e della virtù come garanzia della felicità,  De Officiis (44 a.C.), dedicato al figlio Marco, contiene delle riflessioni sulla corretta condotta in diverse situazioni. Il De Senectute (o Cato Maior, 44 a.C.), opera dialogica che parla del timore della morte e del ristoro nell’otium; il De Amicitia (o Laelius, 44 a.C.), dedicato all’amico Attico. In quest’opera Cicerone parla di come l’amicizia non debba essere improntata al principio del do ut des, ma che essa deve essere rivolta a tutti gli uomini che hanno virtus e probitas.

Altre opere rilevanti sono il De Republica e il De Legibus, opere che si richiamano alle omonime di Platone, ma che mirano ad affermare la superiorità della civiltà romana su quella Greca per quanto riguarda l’organizzazione politica, le istituzioni e i costumi, sebbene riconosca ai Greci il primato in filosofia. Un ultimo gruppo di opere è costituito dal De Natura Deorum, il De Divinatione e il De Fato.

Lucrezio

Tito Lucrezio Caro (94-50 a.C.) ebbe il merito di introdurre  nella Roma filosofica, in ottima parte dominata dallo stoicismo, la dottrina epicurea. L’opera in cui Lucrezio, il De rerum natura, un poema didascalico in sei libri nel quale si presenta una concezione materialistica ed atomistica del mondo, il non dover temere gli dei ecc.. Lucrezio fu ignorato dai suoi contemporanei, ed ebbe una grandissima rivalutazione solo e soltanto durante la rivoluzione scientifica del Seicento. Il manoscritto del De rerum natura, andato perduto, fu riscoperto in un monastero tedesco nel 1417 dall’umanista Poggio Bracciolini.

Seneca

Tra gli esponenti di rilievo della filosofia romana dobbiamo certamente annoverare l’ispanico Lucio Anneo Seneca (4 a.C. – 65 a.C.). Questi, diversamente da Cicerone e Lucrezio, apparteneva al periodo imperiale ed ebbe in sorte di essere maestro e tutore dell’imperatore Nerone. Dopo i primi successi iniziali, volendo dirigere il giovane verso la clementia, Seneca scrive l’opera De Clementia indirizzandola a Nerone proprio per convincerlo dell’importanza di utilizzare con prudenza e moderazione il proprio potere – l’attitudine di Nerone cambia irreversibilmente.  Fedele agli insegnamenti dello stoicismo attraverso il quale si era formato, cercò quindi di essere protagonista della vita politica sino ad essere allontanato definitivamente per aver congiurato contro l’imperatore. Quindi si suicidò.

Tra le opere, oltre al già citato De Clementia, vanno nominate il De tranquillitate animi e il De Otio (opere che
Seneca scrisse quando oramai si era allontanato dalla scena politica) e, infine, la famosa raccolta di epistole, le
Lettere a Lucilio.

Marco Aurelio

L’ultima figura da ricordare nell’ambito della filosofia romana è l’imperatore Marco Aurelio (121-180 d.C.).
Marco Aurelio non fu un filosofo di professione. Gli oneri da imperatore (lo fu da 161 al 180 d.C.) non glielo permisero. L’opera filosofica da lui scritta furono i
Pensieri, di matrice stoica. In essa egli afferma il principio dell’autonomia della felicità del singolo rispetto al mondo esterno e vede nella filosofia un dialogo con se stesso.

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