La Seconda Guerra Mondiale – 1939-1945

In questo articolo trattiamo la Seconda Guerra Mondiale, conflitto scoppiato nel 1939 e conclusosi nel 1945.

Prodromi della Seconda Guerra Mondiale

Anschluss e appeasement

La Guerra civile spagnola ebbe, tra le sue conseguenze, l’avvicinamento di Mussolini e Hiltler. In questo senso, tra Germania ed Italia iniziò a nascere in Europa un blocca nazifascista. Già nel 1936, come sappiamo, questo blocco aveva preso le forme dell’ “Asse Roma-Berlino“, gli accordi raggiunti tra Italia e Germania firmati da Galeazzo Ciano1.

I piani di Hitler, che voleva fornire alla Germania quello “spazio vitale” (Lebensraum), erano quelli dell’espansione a est, in senso anticomunista. Sempre nel 1936, la strategia di accerchiamento della Russia si arricchì della partecipazione del Giappone, con il Patto Anti-Comintern, a cui si aggiunse l’Italia nel ’37. L’ “Asse Roma-Berlino” diventava così l'”Asse Roma-Berlino-Tokyo”.

Grazie al sostegno dell’Italia, la posizione in Europa della Germania nazista era abbastanza forte da procedere con l’Anschluss, l’annessione dell’Austria. Annettere l’Austria rispondeva all’idea di riunificare sotto un unico Stato tutti i popoli di lingua tedesca (pangermanesimo). L’Anschluss avvenne senza colpo ferire: le truppe naziste entrarono a Vienna il 12 marzo 1938. Vienna era del resto già governata dal Partito nazista austriaco guidato da Arthur Seyss-Inquart. L’annessione fu poi sancita da un plebiscito.

Nonostante l’aperto espansionismo della Germania hitleriana, Francia e Gran Bretagna non si opposero significativamente. Tale mancata opposizione derivò in grande parte dalla politica estera del premier Neville Chamberlain (1869-1940), nota come appeasement (“riappacificazione”). L’idea di Chamberlain, strenuamente attaccata dal futuro Primo Ministro britannico Winston Churchill, era quella di evitare una nuova Grande Guerra, reputando possibile di frenare le mire tedesche attraverso la diplomazia.

I Sudeti – 1938-1939

Un altro obiettivo della politica espansionistica della Germania nazista fu l’annessione dei Sudeti. Questo territorio, a meridione della potenza tedesca, apparteneva alla Cecoslovacchia2, e corrispondeva alle regione di Boemia e Moravia. Come nel caso dell’Anschluss, in Cecoslovacchia esistevano forze favorevoli a Hitler e all’annessione. Il governo di Praga era sì disposto a concedere l’autonomia amministrativa, ma non a privarsi di un territorio equivalente alla metà della sua estensione.

Le intenzioni di Hitler furono molto chiare al governo cecoslovacco, che mobilitò l’esercito e la Germania decise di invadere i Sudeti. Nel settembre de 1938 fu convocata la conferenza di Monaco, ulteriore applicazione della politica di appeasement. In questa conferenza, in cui Mussolini si occupò della mediazione tra Hitler e Chamberlain, il primo ministro inglese ottenne da Hitler la – falsa –  promessa che la Germania avrebbe risolto diplomaticamente qualsiasi conflitto con la Gran Bretagna.

La conferenza di Monaco del settembre 1938
La conferenza di Monaco del settembre 1938 – Mussolini tra Chamberlain (a sinistra) e Hitler (a destra)

La debolezza britannica incoraggiò l’iniziativa tedesca. La Germania non si limitò a invadere i Sudeti e a fare della Boemia e della Moravia dei protettorati. Con la scusante dei disordini ovviamente sorti in Cecoslovacchia tra i favorevoli e i contrari all’annessione tedesca, la Germania sottomise anche la Slovacchia.

L'espansione tedesca alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale
L’espansione tedesca alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale – Fonte: Zanichelli

Fu allora molto chiaro – e lo sarebbe stato ancora di più – che l’appeasment di Chamberlain fu un enorme errore politico. Famose sono, a tal proposito, le parole di Churchill, da sempre contrario a questo approccio alla Germania di Hitler:

Regno Unito e Francia potevano scegliere tra la guerra e il disonore. Hanno scelto il disonore. Avranno la guerra.

Verso la Polonia e il Patto d’Acciaio  – primavera del 1939

La politica espansionistica tedesca non fu soltanto la ripresa del vecchio pangermanesimo, ma una vera e propria politica imperialistica di potenza. Prova ne fu l’interessa della Germania di Hitler per il corridoio di Danzica. Questa regione, che divideva la Prussia orientale dalla Germania, era stata assegnata dal Trattato di Versailles alla Polonia. Ora la Germania richiedeva al governo di Polacco di permettere l’annessione di questa regione. Il governo polacco oppose un rifiuto, al quale la Germania rispose preparandosi all’invasione.

Nel frattempo, l’Italia di Mussolini invadeva l’Albania, che diventava un protettorato italiano il 12 aprile del 1939. Quaranta giorni, il 22 maggio 1939 dopo Italia e Germania rafforzavano la loro alleanza che assumeva connotati militari: Mussolini e Hitler firmavano il Patto d’Acciaio. In realtà, l’Italia era del tutto impreparata ad un conflitto di portata europea. Mussolini, infatti, aveva cercato rassicurazioni da parte di Hitler sul fatto che la Guerra non fosse imminente, rassicurazioni sì ricevute, ma infondate.

Il Patto Molotov-Ribbentrop – agosto 1939

Sinora assente dalla dialettica diplomatica, assente alla conferenza di Monaco, l’URSS fu avvicinata dalla Germania al fine di stipulare un patto di non aggressione, il patto Molotov-Ribbentrop del 23 agosto 1939, che, contestualmente, definiva anche la spartizione della Polonia tra le due potenze.

Le motivazioni di questo singolare patto sono molteplici:

  • dal lato tedesco, la Germania, intenzionata alla guerra, non voleva trovarsi ad tenere due fronti aperti, quello occidentale e quello orientale. Non che Hitler non mirasse alla conquista dell’Europa orientale, ma questa sarebbe potuta avvenire soltanto dopo aver chiuso il fronte occidentale.
  • dal lato sovietico, nonostante le forze comuniste si fossero sempre opposte ai governi di destra, volle evitare una possibile invasione tedesca e utilizzare la Germania per indebolire le potenze capitalistiche.

 

Le potenze europee, abbandonato il fallimentare appeasement,  informarono al Germania che nessuna ulteriore iniziativa bellica o espansionistica sarebbe stata tollerata. La guerra, sarebbe iniziata appena una settimana dopo il patto con l’URSS, con l’invasione della Polonia il 1° settembre 1939.

Slide – Parte 1


Seconda Guerra Mondiale – Parte 1

Video-lezione – Parte 2

L’inizio della Seconda Guerra Mondiale: dall’invasione della Polonia al sconfitta francese – settembre 1939- giugno 1940

L’invasione della Polonia

Come già anticipato, all’alba 1° settembre 1939, la Germania di Hitler invase, senza alcuna precedente dichiarazione di guerra, la Polonia. Fallita ogni possibilità di “riappacificazione”, la Gran Bretagna e la Francia lanciarono un ultimatum, che, come era prevedibile, rimase inascoltato. Pure inascoltati rimasero gli appelli per la pace di Papa Pio XII. Il 3 settembre 1939 Francia e Gran Bretagna dichiararono così guerra alla Germania. Era scoppiata la Seconda Guerra Mondiale.

Questa seconda guerra fu certamente differente dalla Grande Guerra. Più grande, più terribile. Basti pensare che, mentre durante la Prima Guerra Mondiale solo il 5% delle vittime furono civili, il secondo conflitto avrebbe presentato un costo salatissimo di vite umane di non combattenti: circa il 50% delle vittime in totale. Un altro aspetto fu il carattere “maggiormente mondiale”. La Seconda Guerra Mondiale fu combattuta in Europa, in Africa, in Asia, nel Pacifico, nelle steppe russe ecc.

La Polonia cadde in appena due settimane. La guerra portata dai tedeschi era una guerra lampo (Blitzkrieg), basata sul binomio tra gli aerei, i famosi e modernissimi Stuka della Lutwaffe, insieme ai mezzi corazzati della Wehrmacht. Grazie al connubio di forze aeree e militari, l’invasione della Polonia fu un’efficace caso di guerra di movimento. I Tedeschi sottomisero la Polonia, ne eliminarono la classe dirigente, circa 50000 individui tra le persone più in vista sia politicamente che economicamente, procedettero alla ghettizzazione degli Ebrei polacchi.

I Russi, dal canto loro, seguendo le condizioni del Patto Molotov-Ribbentrop, avevano occupato la regione a est della Polonia, imprigionando e fucilando 10000 ufficiali e gettandoli in fosse comuni. L’URSS occupò poi altre regioni baltiche, come la Lituania, la Lettonia e l’Estonia, aprendo, nel novembre del 1939, un nuovo fronte verso la Finlandia. L’esercito sovietico, molto meno preparato e attrezzato di quello nazista, incontrò la forte resistenza finlandese, riuscendo ad ottenere solo la Carelia nel 1940.

La spartizione della Polonia tra Germania e URSS
La spartizione della Polonia tra Germania e URSS – Fonte: Zanichelli

Verso l’Europa del Nord

Conquistata la Polonia, le truppe tedesche non tardarono a spingersi più a Nord, in modo tale da ottenere un maggior controllo sul Baltico e per la ricchezza mineraria di quelle regioni. Le truppe di Hitler attaccarono la Danimarca e la Norvegia nell’aprile del 1940. La conquista della Danimarca avvenne senza particolari difficoltà, mentre la Norvegia avrebbe resistito, anche grazie al contributo militare sino al 1942. Nel febbraio di quell’anno, la Germania riuscì ad instaurare un governo fantoccio di Vidkun Quisling, il primo regime collaborazionista della Seconda Guerra Mondiale.

In pochi mesi la Germania aveva sottomesso l’Europa centro-settentrionale. Francia e Gran Bretagna, che pure avevano dichiarato guerra due giorni dopo l’invasione della Polonia, avevano sì mobilitato l’esercito, ma temporeggiavano. I soldati franco-britannici, se pur mobilitati e pronti, non combattevano. Furono dei mesi, quelli dall’autunno del 1939 alla primavera del 1940 in cui non venne aperto alcun fronte occidentale, i mesi della drôle de guerre (la cosiddetta “strana guerra”).

Sangue, fatica, lacrime e sudore

Tuttavia, nella primavera del 1940 presto qualcosa sarebbe tragicamente cambiato. Proprio mentre l’esercito di Hitler invadeva la Francia, il 10 maggio 1940, Churchill divenne Primo Ministro . Famosissime sono le parole con cui si presentò al suo Gabinetto:

Non posso promettervi altro che sangue, fatica, lacrime e sudore. Chiedete, qual è la nostra politica? Rispondo che è condurre la guerra per mare, per terra e nel cielo con tutta la forza e tutto lo spirito battagliero che Dio può infonderci; condurre la guerra contro una tirannide mostruosa che non ha l’eguale nel tetro, miserabile catalogo del crimine umano. […] Chiedete qual è il nostro scopo? Rispondo con una parola sola: vittoria, vittoria ad ogni costo, vittoria nonostante ogni terrore, vittoria, per quanto la strada possa essere lunga e dura. Senza vittoria infatti non c’è sopravvivenza.

Puoi leggere ed ascoltare il discorso di insediamento, Blood, Toil, Tears and Sweat, tenuto tre giorni dopo la nomina qui.

La rapida disfatta francese

Il temporeggiare francese era dovuto alla grande fiducia che l’esercito francese riponeva nelle fortificazioni della Linea Maginot. Tale confine fortificato era stato edificato dai migliore ingegneri militari di cui la Francia disponesse sin dalla fine della Grande Guerra. Le fortificazioni più difficili da superare si trovavano però sul confine franco-tedesco. Fortificazioni più leggere correvano lungo il confine tra franco-belga e lungo il confine con il Lussemburgo.

 

La Linea Maginot
La Linea Maginot

I Tedeschi violarono la neutralità di quei Paesi e penetrarono in Francia dalla Foresta delle Ardenne, poco difesa in quanto reputata – a torto –  invalicabile dai blindati. I carrarmati tedeschi riuscirono in realtà a oltrepassare, anche facilmente, la foresta e ad avanzare in maniera molto rapida. In questo frangente  che va collocato l’episodio di Dunkerque, in cui un commilitone britannico inviato per aiutare i Francesi, dovette attraversare di nuovo la Manica per sfuggire all’avanzata nazista. Bisogna anche aggiungere che, probabilmente l’esercito tedesco avrebbe comunque potuto annientare quel contingente prima della ritirata, ma la posizione di Hitler trattenne l’esercito per poi cercare di indurre il governo  britannico alle trattative.

Si può già comprendere che la Gran Bretagna, guidata da Churchill, che si era appena occupato della massiccia evacuazione di 30000 soldati alleati dalle coste francesi, non sarebbe mai scesa a patti. Il 4 giugno, il Primo Ministro britannico, ribadiva la volontà di combattere i Tedeschi sino alla vittoria totale con il famoso discorso We shall fight on the beaches.

La Francia occupata, la Francia collaborazionista e l’appello di De Gaulle

Ad ogni modo, già il 14 giugno 1940, la Francia poteva dirsi sconfitta, perché i nazisti marciavano sulla capitale. L’evento ebbe un impatto psicologico enorme su tutta l’Europa e sul Mondo, mentre il governo francese andava nelle mani del Maresciallo di Francia Philippe Pétain, di destra, favorevole all’armistizio con i tedeschi. L’armistizio venne firmato il 22 giugno 1940, simbolicamente, proprio a Rethondes, dove già a parti inverse, era stata firmata la resa della Germania alla fine della Grande Guerra.

Gli accordi presi divisero la Francia in due:

  • a nord il territorio francese era soggetto alla diretta occupazione nazista.
  • a sud si era creato un governo collaborazionista retto dallo stesso Pétain con capitale Vichy.

 

La Francia divisa dopo essere stata sconfitta dalla Germania
La Francia divisa dopo essere stata sconfitta dalla Germania – Fonte: Zanichelli

Insieme al collaborazionismo nacque  un moto di senso opposto, la resistenza francese, iniziato dal generale Charles De Gaulle (1890-1970), che, con l’appello del 18 giugno 1940, da Radio Londra, negli studi della BBC, chiamava a raccolta in combattenti francesi. Ecco un estratto del discorso:

Croyez-moi, moi qui vous parle en connaissance de cause et vous dis que rien n’est perdu pour la France. Les mêmes moyens qui nous ont vaincus peuvent faire venir un jour la victoire.

Car la France n’est pas seule ! […]  Elle peut faire bloc avec l’Empire britannique qui tient la mer et continue la lutte. [Elle] peut, comme l’Angleterre, utiliser sans limites l’immense industrie des Etats-Unis.

Cette guerre n’est pas limitée au territoire malheureux de notre pays. […]. Cette guerre est une guerre mondiale. Toutes les fautes, tous les retards, toutes les souffrances, n’empêchent pas qu’il y a, dans l’univers, tous les moyens nécessaires pour écraser un jour nos ennemis. Foudroyés aujourd’hui par la force mécanique, nous pourrons vaincre dans l’avenir par une force mécanique supérieure. Le destin du monde est là.

Il generale De Gaulle negli studi di Radio Londra e il manifesto dell'appello del 18 giugno
Il generale De Gaulle negli studi di Radio Londra e il manifesto dell’appello del 18 giugno

Slide – Parte 2


Slide – Seconda Guerra Mondiale – Parte 2

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La battaglia d’Inghilterra – luglio – ottobre 1940

Una volta sottomessa la Francia, per la Germania di Hitler l’unico vero nemico rimasto era l’Inghilterra. Come sappiamo, la politica del governo inglese. guidato dal combattivo Churchill, fu quella di non trattare coi nazisti. Al Führer non rimase che ordinare il via all’operazione Sea-Lion (Leone marino). Tale operazione si basava su due fasi:

  • la distruzione della flotta aerea e il logoramento psicologico dei cittadini.
  • lo sbarco e l’occupazione.

 

L’operazione iniziò così con dei massicci bombardamenti da parte della Lutwaffe. Londra fu bombardata ogni notte per circa due mesi. Altre città, una tra tutte Coventry3, furono completamente rase al suolo. L’intera operazione durò quasi un anno, ma non ebbe l’esito in cui i Tedeschi sperarono. La popolazione civile, nonostante le 43000 vittime, resistette e l’aviazione inglese, la RAF (Royal Air Force), grazie ai suoi caccia, i Supermarine Spitfire e al radar riuscirono a tenere teste alle forze naziste.

Il caccia inglese Spitfire, simbolo della Battaglia d'Inghilterra
Il caccia inglese Spitfire, simbolo della Battaglia d’Inghilterra

Di fatto l’operazione Leone Marino, visto il grandissimo numero di risorse e i blandi risultati, fu un fallimento e costituì il primo  rallentamento della macchina da guerra nazista.

La guerra parallela italiana

L’impreparazione e l’entrata in guerra

Come sappiamo, l’Italia era legata alla Germania dal Patto d’Acciaio (22 maggio 1939). Tuttavia, quando pochi mesi più tardi i Tedeschi ebbero invaso la Polonia, l’Italia di Mussolini dichiarò al propria “non belligeranza”. Tale mancata partecipazione attiva alla guerra trovava la sua giustificazione nella assoluta impreparazione ad un conflitto di tale portata.

Sebbene nel 1938 si era avviata una significativa modernizzazione dell’equipaggiamento militare e dei mezzi del Regio Esercito, tuttavia l’apparato industriale italiano non era pronto per una produzione su larga scala.  La maggior parte dei combattenti usava pertanto sistemi d’arma risalenti alla Grande Guerra.

Molti vertici del fascismo del resto erano contrari alla guerra, vista tale impreparazione all’ingresso in guerra. Tra di essi Galeazzo Ciano, il genero di Mussolini, e il Ministro degli Esteri Dino Grandi. Mussolini, dal canto suo, non voleva perdere la scia di successi di Hitler. Nota è la cinica frase di Mussolini che, interrogando Badoglio sullo stato dell’esercito, faceva intendere l’importanza della partecipazione alla guerra in vista degli sviluppi geopolitici futuri:

Ho bisogno soltanto di qualche migliaio di morti per potermi sedere da ex-belligerante al tavolo delle trattative.

Del resto era radicata in Mussolini l’idea che la guerra si sarebbe conclusa molto presto, cosicché, il 10 giugno del 1940, dal balcone di Piazza Venezia a Roma, il dittatore comunicò che era arrivata l’ora delle decisioni irrevocabili, ovvero l’entrata in guerra contro Gran Bretagna e Francia.

Teatri di guerra italiani – L’Africa e i Balcani

L’Italia di Mussolini decise quindi di condurre una vera e propria guerra parallela e indipendente rispetto a quella tedesca. Lo scopo era arrivare ad riappropriarsi di una posizione di primo piano nel Mediterraneo, in realtà controllato dai Britannici. Una prima azione fu quella di occupare piccole zone tra le Alpi Marittime e la Savoia, territori di una Francia già sconfitta dai Tedeschi.

Dopo queste azioni di rodaggio, il primo obiettivo della guerra parallela Italiana fu l’Africa, ed in particolare l’Egitto. L’idea di Mussolini era quella di appropriarsi delle colonie britanniche. La campagna d’Africa dell’esercito Italiano, guidata da Rodolfo Graziani, allora governatore della Libia fu un disastro. Dopo una timida avanzata, le forze inglesi ricacciarono le truppe italiane e si impossessarono della Cirenaica.

I Tedeschi accorsero quindi in aiuto degli alleati Italiani, inviando in Africa gli Afrikakorps, guidati dall’abile generale Erwin Rommel, la “volpe del deserto“, abilissimo nelle manovre a sorpresa con i mezzi pesanti. Il contributo tedesco fu determinante nel restituire agli italiani le posizione perdute contro i Britannici. Nel frattempo, con la caduta di Amba Alagi, l’esercito italiano perse tutto il proprio impero coloniale del Corno d’Africa (Etiopia, Eritrea e Somalia). Questa disfatte instillarono negli Italiani un senso di sfiducia verso le possibilità di successo nella Guerra. Lo stesso Badoglio si dimise.

Le operazioni nei Balcani seguirono una trama molto simile. I fronti aperti dall’Italia in Albania e Grecia ebbero come esito non la conquista di questi territori, ma la ricacciata italiana. Anche qui, solo grazie alla Wehrmacht le posizioni del’asse potettero stabilizzarsi: la Iugoslavia fu spartita tra Italia e Germania, mentre i Britannici si ritiravano in Grecia.

L’esperienza africa a balcanica avevano mostrato tutte le deficienze belliche italiane. La guerra di Mussolini, parallela e indipendente, dipendeva, per il suo successo, totalmente dai rinforzi tedeschi.

Slide – Parte 3


Slide – Seconda Guerra Mondiale – Parte 3

Videolezione – Parte 3

L’operazione Barbarossa – 1941

Pearl Harbor

Il biennio di svolta – 1942-1943

La vittoria alleata

Lo sbarco in Normandia

Le bombe atomiche sul Giappone

Il bilancio delle vittime

Il bilancio delle vittima della Seconda Guerra Mondiale fu

 

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