La Rivoluzione russa del 1917

Rivoluzione bolscevica cover

In questo articolo trattiamo la Rivoluzione russa a del 1917, che ha portato all’instaurazione di un regime comunista durato sino al 1991.

I presupposti della Rivoluzione russa

Prima di introdurre i veri e propri avvenimenti della rivoluzione bolscevica è certamente necessario illustrare tutti i presupposti di essa.

I presupposti sociali ed economici

Quasi tutti gli Stati occidentali avevano conosciuto, durante l’Ottocento, l’affermazione della classe borghese e della politica liberale. Le monarchie che erano riuscite a conservarsi avevano concesso costituzioni, si erano fatte affiancare da assemblee legislative e parlamenti. L’assolutismo e l’autarchia giacevano ormai nel passato degli Stati dell’Europa occidentale.

Lo stesso non poteva dirsi per la Russia, che, alla fine dell’Ottocento era governata dall’ultimo zar, Nicola II (1894-1918), della dinastia Romanov. Nella Russia zarista l’antico regime non si era mai stato pienamente scardinato. Lo zar era infatti un autocrate, sostenuto dall’aristocrazia. Ingredienti di qualsiasi Stato liberale, come i sindacati, gli scioperi, la libertà di espressione, erano assenti. Lo Stato era attraversato da una forma abbastanza estrama di nazionalismo di cui fecero le spese tutte le etnie non russe e i gruppi di religione non ortodossa. Gli ebrei soffrirono particolarmente tale intolleranza, vittime come furono dei pogrom.

Pogrom
Il termine di lingua russa, significa letteralmente “distruzione violenta” o “demolizione violenta“. Storicamente il termine si riferisce a tutti gli episodi di intolleranza e violenza verso le popolazioni semitiche avvenute da parte della popolazione russa tra Ottocento e Novecento. Il primo pogrom viene fatto risalire al tumulto antiebraico di Odessa del 1821.

La Russia rimaneva uno Stato per lo più agricolo, in cui una timida borghesia agraria, quella dei kulaki, i contadini benestanti, compravano le terre dei contadini più poveri. Tuttavia, sebbene la Russia fosse ancora lontana dagli standard britannici, francese o tedeschi, conobbe anch’essa una significativa industrializzazione e di una crescita economica. Questa crescita economica tuttavia non portò benefici sociali diffusi: gli operai e i contadini vivevano in condizioni di vita miserrime.

I presupposti teorici e politici

Nella Russia dei primi del Novecento, tutte queste contraddizioni ed il malcontento generale per le condizioni della stragrande maggioranza del popolo, avevano trovato espressione in due partiti:

  • il Partito socialista rivoluzionario (PSR): fondato nel 1902, di ispirazione anarco-populista, legato alle tradizioni agrarie, credeva che dovessero essere i contadini a dare inizio alla rivoluzione in Russia. Il marxismo era pertanto estraneo a questo partito.
  • Il Partito Operaio Socialdemocratico Russo (POSDR), fondato nel 1898 da Plechanov (1856-1918), differentemente dai socialisti rivoluzionari, individuava negli operai i veri attori della rivoluzione.

 

PSR e POSDR
I simboli del PSR e del POSDR

Sarebbe tuttavia errato credere che il Partito Socialdemocratico fosse unito ed omogeneo. In particolare all’interno del Partito erano individuabili due correnti, formatesi almeno dal Congresso di Bruxelles del 1903:

  • I bolscevichi, la corrente maggioritaria, guidata da Lenin, secondo i quali operai e contadini erano pronti a rovesciare l’autarchia zarista e ad instaurare un regime socialista;
  • i menscevichi, la corrente maggioritaria, guidata da Martov, secondo i quali la rivoluzione doveva certamente pure compiersi, ma doveva essere preceduta da una rivoluzione della borghesia, come era accaduto negli Stati occidentali.

 

La leadership del bolscevismo: Lenin, il leninismo, internazionalismo e avanguardia operaia

A capo dei bolscevichi vi era Vladimir Il’ic Ul’Janov, detto Lenin (1870-1924), un intellettuale formatosi nella dottrina di Marx, ma che presto sviluppò un filosofia propria. Secondo Lenin, l‘imperialismo non era che l’ultima fase del capitalismo, un capitalismo che si era oramai globalizzato, con lo spostamento dei capitali al di là dei confini nazionali, e che poteva continuare ad esistere solo attraverso lo sfruttamento dei Paesi deboli da parte di quelli forti. In questa situazione, la Russia, secondo Lenin, si trovava in una condizione particolare, quella che abbiamo descritto poco sopra: un paese fortemente arretrato che pure soffre i mali sociali di un’industrializzazione galoppante, il tutto in un regime autoritario e illiberale come quello zarista. Queste contraddizioni avrebbero permesso alle classe contadina e a quella operaia di unirsi per dar vita alla Rivoluzione.

Lenin
Vladimir Il’ic Ul’Janov, detto Lenin (1870-1924), il leader della corrente bolscevica del Partito Operaio Socialdemocratico Russo

Tale rivoluzione avrebbe dovuto esser suscitata dall‘avanguardia del proletariato, il Partito, ovvero da da quelli che si potrebbero definire dei rivoluzionari di professione. Il ruolo di questi lucidi rivoluzionari socialisti sarebbe stato quello di guidare la rivoluzione contadina e proletaria, di modo che non scadesse in semplici azioni contro la classe economicamente dominante.

La rivoluzione non doveva poi rimanere solo in Russia, ma anzi, si sarebbe dovuta diffondere in tutti i Paesi, secondo i principi dell’internazionalismo proletario.

Il fallimento della rivoluzione russa del 1905-1906

Una prima rivoluzione, in Russia, ci sarebbe stata nel 1905, anno in cui la Russia deve rinunciare al controllo dell’estremo oriente, sottomessa dal Giappone. I fatti della rivoluzione del 1905 iniziarono a San Pietroburgo, centro industriale russo, nel quale gli operai, come anticipato, svolgevano una vita pessima, con undici ore di lavoro giornaliero, nessun giorno di pausa, né diritto di sciopero. A gennaio una folla pacifica, guidata dal prete ortodosso Georgij Gapon, si diresse verso il palazzo di Nicola II per presentare alcune richieste. La risposta di Nicola II fu utilizzare la Guardia imperiale, che sparò sulla folla inerme. Quel giorno sarebbe passato alla storia come la domenica di sangue (22 gennaio 1905).

L’eccidio davanti al Palazzo d’Inverno incrinò profondamente il rispetto e la fiducia del popolo russo verso il monarca. E, di fatti, iniziarono a svolgersi scioperi e manifestazioni , in particolare nella Russia occidentale. Importante fu anche la nascita dei soviet (letteralmente consigli), assemblee di rappresentati degli operai che divennero poi anche i centri dell’insurrezione armata. Tuttavia, la rivoluzione non ebbe a compiersi, dato che i soviet rimasero isolati e la massa contadina di fatto rimase per lo più estranea alle agitazioni.

Lo pseudoparlamentarismo zarista

Sebbene la rivoluzione russa del 1905 in realtà non ebbe alcun esito – perché di fatto non vi fu, Nicola II intraprese un – insufficiente e troppo timido – percorso di riforme. Tali riforme, che vediamo di seguito, non scalfirono in sostanza il potere dello zar.

Un primo esempio sono le elezioni politiche per la Duma del 1906, che non si erano mai tenute prima nella storia della Russia. La Duma, che prima di allora era esistita solo come organo consultivo della monarchia, avrebbe dovuto detenere il potere legislativo. Di fatto non fu così, poiché ogni risoluzione da essa uscente era sottoposta all’eventuale veto di Nicola II. La Duma quindi non era un parlamento nel senso di una monarchia parlamentare come quella inglese, ma era più simile agli Stati Generali pre-rivoluzione francese.

Anzi, la Duma fu sciolta nella misura in cui le risoluzione proposte dalla sua maggioranza socialista andavano nella direzione di una riforma agraria. Alcuni politici lungimiranti compresero che quello pseudoparlamentarismo avrebbe danneggiato lo Zar, favorendo la rivoluzione. Uno tra tutti il Ministro degli Interni e poi capo del governo Stolypin, che pure cercò di riformare la situazione delle campagne, svecchiandone i sistemi di gestione. Stolypin tuttavia fu ucciso nel 1911 da un rivoluzionario socialista, in quello che può definirsi il punto di non ritorno per il regime zarista in Russia.

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Slide Rivoluzione Russa – Parte 1

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https://youtu.be/4_urkDRp594

La Rivoluzione russa di febbraio

L’abdicazione di Nicola II – 3 marzo 1917

A causa della Prima Guerra Mondiale, le condizioni della Russia peggiorarono ulteriormente. Il 23 febbraio del 1917 una folla di operai insorse a Pietrogrado1 e Nicola II, come aveva già fatto nel 1905, ordinò ai soldati di disperdere i manifestanti.

In quest’occasione tuttavia i militari non obbedirono al monarca, schierandosi dalla parte dei rivoltosi. La rivolta si estese anche a Mosca e Nicola II fu costretto infine ad abdicare il 3 marzo 1917. La Rivoluzione di febbraio ebbe in effetti uno svolgimento lineare e poco sanguinoso: lo zar infatti aveva perso l’appoggio di qualsiasi parte sociale. In Russia nacque così la repubblica.

Romanov
Lo zar Nicola II e la famiglia reale

La Russia del governo provvisorio e dei Soviet

Le vicende Russe non furono semplificate dall’uscita di scena dello zar. Nella Russia immediatamente post-zarista esistevano infatti due centri di potere:

  • Da un lato vi è il governo provvisorio che si forma dopo l’abdicazione di Nicola II. L’aristocratico L’Vov lo presiede, moderato ed aperto alle richieste della borghesia.
  • Dall’altro vi sono i Soviet di Pietrogrado, costituiti dai rappresentati degli operai, da esponenti del PSR e dai menschevichi.

 

Queste forze sono entrambe a favore della continuazione dell’impegno russo nella Grande Guerra. Il governo provvisorio reputava che un’eventuale vittoria avrebbe rafforzato e facilitato la costruzione di un parlamentarismo moderato, mentre nei Soviet circolava l’idea che la sconfitta degli imperi centrali avrebbe tutelato la possibilità futura di esportare la rivoluzione. Non vi era tuttavia alcun accenno a politiche economiche e sociali, che venivano dunque rimandate.

La Rivoluzione russa d’ottobre

Il leader dei bolscevichi, Lenin, fece ritorno a Pietrogrado il 4 aprile 1917, dall volontario esilio svizzero. Tornava in patria scortato dei tedeschi, che pensavano che il ritorno del rivoluzionario avrebbe portato ulteriore disordine nella Russia, facendola capitolare. Lenin Portò con se un programma articolato in 10 punti al quale è dedicato il focus successivo. A Lenin si unirono poi Gregorij Zinov’ev (1883-1936), già suo compagno d’esilio, e Lev Trotzkij (1879-1940), già distintosi nel 1905 come presidente dei Soviet di San Pietroburgo come eccellente dirigente politico e militare.

 FOCUS – Le Tesi di aprile di Lenin

Le Tesi di Aprile diedero una nuova impostazione alla strategia rivoluzionaria bolscevica. Consideriamone alcuni punti:

Tesi 1 – Fine della guerra

[La Guerra] rimane incontestabilmente una guerra imperialistica di brigantaggio in forza del carattere capitalistico di questo governo, non è ammissibile la benché minima concessione al “difensivismo rivoluzionario”. […] è impossibile mettere fine alla guerra […] senza abbattere il capitale.

Tesi 3 – Contro il governo provvisorio

Non appoggiare in alcun modo il governo provvisorio, dimostrare la completa falsità delle sue promesse.

Tesi 5 – Un repubblica dei Soviet

Niente repubblica parlamentare […] ma repubblica dei Soviet dei deputati, degli operai, dei salariati. […] Sopprimere la polizia, l’esercito […] Lo stipendio dei funzionari – tutti eleggibili e revocabili in qualsiasi momento – non deve superare il salario medio di un buon operaio.

Tesi 6 – Riforma agraria e nazionalizzazione

Confiscare tutte le grandi proprietà fondiarie. Nazionalizzare tutte le terre del paese e metterle a disposizione dei soviet locali e dei deputati del salariati agricoli e dei contadini. Fare di ogni grande tenuta […] un’azienda modello coltivata per conto della comunità e sottoposto al controllo dei Soviet dei deputati dei salariati agricoli.

Tesi 7 – Banche

Fusione immediata di tutte le banche del paese in un’unica banca nazionale, posta sotto il controllo dei Soviet dei deputati operai.

Tesi 10 – Internazionalizzazione della Rivoluzione russa

Prendere l’iniziativa della creazione di un’Internazionale rivoluzionari […]

 

La calda estate del governo provvisorio e il fallito colpo di stato – giugno-settembre 1917

Nel giugno del 1917 a Pietrogrado si svolse il I Congresso Panrusso dei Soviet, una riunione di tutti i delegati di tutti i Soviet Russi e, ancora in questo contesto, i bolscevichi sono messi in minoranza dai menscevichi e dai social-rivoluzionari del PSR. Il processo che portò i bolscevichi alla maggioranza  non è slegato dalla conduzione della guerra da parte del governo provvisorio.

Come sappiamo, il governo, ma anche tutto il socialismo non bolscevico, era a favore della guerra. Nel giugno del 1917 il governo russo organizzò un attacco contro gli Austriaci e i Tedeschi, ma i soldati si rifiutarono di combattere. Ancora, nel luglio, a Pietrogrado operai bolscevichi scesero in piazza per fermare un convoglio di soldati inviati al fronte, ma la protesta fu fermata e i responsabili arrestati. Lo stesso Lenin dovette rifugiarsi in Finlandia per sfuggire all’arresto.

governoprovvisorio
Da sinistra verso destra: Il principe L’Vov, capo del primo governo provvisorio (15 marzo – 21 luglio 1917),  Alexander Kerenskij, capo del secondo governo provvisorio (21 luglio 1917 – 7 novembre 1917) e, infine, il generale Kornilov.

Si arrivò così a settembre, quando il governo provvisorio, presieduto da Kerenskij, esponente social-rivoluzionario, fu minacciato da un colpo di stato proveniente dagli ambienti militari, guidato dal generale Kornilov, capo dell’esercito. Kornilov, già distintosi nella guerra contro il Giappone e critico della monarchia, temeva tuttavia che i Soviet avrebbero finito col distruggere l’esercito. Il colpo di Stato fu sventato anche grazie ai bolscevichi che così acquisirono un consenso maggiore, ottenendo la maggioranza sia nel soviet di Pietrogrado che in quello di Mosca.

Il trionfo bolscevico – ottobre 1917

Tra il settembre e l’ottobre del ’17 i bolscevichi furono occupati nell’organizzare la rivoluzione, rovesciando l’inadeguato governo provvisorio. La Russia era ancora coinvolta in un conflitto che non poteva più vincere, le masse popolari erano allo stremo e il bolscevismo godeva di una grande popolarità. I tempi dunque erano maturi e uno dei primi provvedimenti fu la creazione della Guardia Rossa, la forza militare del bolscevismo.

La rivoluzione d’ottobre in realtà fu abbastanza incruenta, anche perché attesa. Non vi era infatti segretezza intorno alla sua organizzazione. Già dal 24 ottobre le Guardie Rosse presero il controllo dei telegrafi, delle ferrovie e di tutte le arterie di comunicazione, senza incontrare alcuna resistenza da parte degli operatori. L’esercito rimase neutrale, non ostacolando di fatto nessuna azione dei bolscevichi.

Tra il 25 e il 26 ottobre la rivoluzione si compie. Il 25 ottobre le forze bolsceviche occupano il Palazzo d’Inverno, ex residenza dello Zar ed ora sede del governo provvisorio che sta per essere esautorato. Kerenskij fugge e i membri del governo sono arrestati. Il tutto costa alla Russia solo una quindicina di morti. La notte dello stesso giorno iniziano i lavori del II Congresso panrusso dei Soviet. Il 26 ottobre, mentre la resistenza del governo provvisorio a Mosca veniva gradualmente indebolita, a Pietrogrado Lenin ha nelle sue mani tutto il potere. L’8 novembre assume la carica di Segretario del Consiglio dei Commissari del Popolo. La Rivoluzione russa era compiuta.

 FOCUS – Il calendario giuliano e il calendario gregoriano

Dobbiamo precisare che prima del 1918 in Russia vigeva il calendario giuliano. In Europa occidentale invece vigeva, come vige tuttora, il calendario gregoriano, così chiamato perché introdotto da papa Gregorio XIII nel 1582 con la bolla Inter Gravissimas. Il calendario giuliano-ortodosso, quello con cui vengono normalmente riportate le date della Rivoluzione Russa, era arretrato di 13 giorni. Il calendario gregoriano fu poi introdotto da Lenin appena dopo la rivoluzione, nel 1918.

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Slide – Rivoluzione Russa 1917 – Parte 2

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Dalla guerra civile alla fondazione dell’URSS – 1918-1922

La guerra civile

Nonostante il successo della rivoluzione bolscevica dell’ottobre del 1917, la Russia sarebbe uscita dal conflitto mondiale solo il 18 marzo dell’anno successivo, con la pace di Brest-Litovsk.

La Russia dopo la pace di Brest-Litovsk
La Russia dopo la pace di Brest-Litovsk – Ricordiamo che con tale accordo la Russia aveva perso l’Ucraina, Finlandia, Estonia, la Lettonia e la Lituania. La Polonia era riemersa come Stato indipendente. Fonte: Zanichelli

La firma della pace fu vista con grande preoccupazione dalle potenze occidentali. Francia e Regno Unito temevano sia la chiusura di un fronte che teneva comunque impegnati gli imperi centrali, in particolare la Germania, sia la possibilità che la rivoluzione comunista si potesse diffondere in Europa. La seconda possibilità era maggior mente temuta, tanto che Gran Bretagna e Francia, ma anche Italia, Stati Uniti e Giappone inviarono dei contingenti in appoggio alle armate bianche, fedeli al vecchio sistema di potere.

Scoppiò così una guerra civile tra le armate bianche, guidate da2 Anton Denikin e dall’ammiriaglio Aleksandr Kolčak, e dall’armata rossa, guidata da Trockij. L’armata bianca conseguì inizialmente un vantaggio significativo, occupando un territorio che va dagli Urali al Volga. La minaccia di una eventuale restaurazione imperiale suggerì ai bolscevichi di fucilare lo zar Nicola II e la sua famiglia (luglio 1918).

Ad ogni modo, grazie alle eccellenti abilità strategiche di Trockij, insieme alla capacità di questi di infondere un’ottima disciplina alle truppe, l’Armata rossa riprese tutti i territorio occupati da quella bianca.

Il conflitto con la Polonia

Oltre al conflitto con i controrivoluzionari, l’Armata rossa dovette affrontare anche le sollevazioni popolari di territori confinanti, che volevano approfittare di quella momento di debolezza della Russia. La situazione più critica si verificò in Polonia. Le truppe polacche giunsero sino a Kiev con l’obiettivo di allargare il territorio dello Stato. Questo tentativo si infranse contro la controffensiva bolscevica, che si spinse sino a Varsavia.

La situazione di conflitto si protrasse sino al marzo del 1921, quando venne firmato il Trattato di Riga. Con esso la Polonia prese possesso di alcuni territori occupati dall’Armata bianca, oramai in rotta. I bolscevichi, dal canto loro, ripresero l’Ucraina. L’Armata rossa ebbe la meglio su quella bianca, anche grazie all’aiuto dei contadini e ad un rinnovato sentimento nazionale. La Guerra civile russa aveva tuttavia causato ben sette milioni di morti.

Il comunismo di guerra

I bolscevichi dovettero affrontare la guerra civile contro i bianchi e l’invasione da parte della Polonia in condizioni economiche gravissime. Da un lato i contadini si sostentavano grazie all’autoconsumo, mentre gli abitanti delle città, viste le difficoltà logistiche dovute al conflitto e la carenza di infrastrutture, facevano la fame.

Il regime decise così di adottare una soluzione nota come comunismo di guerra, ovvero la requisizione dei generi alimentari nei confronti dei contadini, l’utilizzo del baratto e il capillare controllo militare sulla produzione sia agricola che industriale.

Il sistema di potere

Fronteggiare con esito positivo la guerra civile fu possibile soprattutto grazie all’anatomia del regime bolscevico. Esso era certamente caratterizzato da un forte accentramento di potere e da un governo autoritario. La Costituzione del 1918, guidata da principi marxisti, riconosceva la sovranità al proletariato, rappresentato dai soviet riuniti nel Congresso. Il Congresso dei Soviet era però diretto dal Comitato esecutivo. A queste istituzioni si aggiungeva il Consiglio dei Commissari del popolo, con funzioni amministrative.

Il sistema di potere conosceva il suo vertice nel Politburo, l’ufficio politico dotato di potere esecutivo del Comitato centrale. Il Politburo nominava anche i giudici dei Tribunali del popolo. In tal modo non possiamo parlare di una separazione del potere esecutivo da quello giudiziario. Funzionale al controllo e alla conservazione del potere vi era poi il braccio armato del governo, la polizia politica, la ČEKA3

Tale dittatura si tradusse, sin dal 1918, nel controllo del sistema d’istruzione al fine di diffondere e radicare l’ideologia comunista e nell’aperto conflitto con la religione ortodossa. Il governo infatti operò nei  sensi di una scristianizzazione quanto più estesa, requisendo anche i beni ecclesiastici. Scristianizzazione che però non fu mai completata, date le profonde radici religiose soprattutto della popolazione contadina.

La Terza Internazionale o Comintern– marzo 1919

Il rafforzamento del comunismo sovietico passò anche per la fondazione a Mosca, nel 1919, per volontà di Lenin, della Terza Internazionale (o Comintern, Internazionale Comunista). Tale evento raccoglieva tutti i rappresentanti dei vari partiti comunisti nati o che stavano nascendo in Europa[footnote]Ricordiamo che quello italiano nascerà nel 1921 a Livorno, fondato da Antonio Gramsci e Amedeo Bordiga nell’intento di dare loro una direzione centrale. Tuttavia, dato che i membri dell‘Internazionale avevano tanta voce in capitolo quanti erano gli iscritti al partito comunista del rispettivo Paese, e i Russi ebbero sempre la maggioranza, l’Internazionale Comunista finì con il diventare un organo di tutela degli interessi bolscevichi.

L’opposizione al regime e la rivolta di Kronstadt

La vittoria nella guerra civile non fu certamente la fine dell’opposizione interna al bolscevismo. Del resto il governo, così centralizzato ed autoritario, non aveva nemmeno risolto la crisi economica. Il comunismo di guerra, funzionale alla vittoria nella guerra civile, aveva peggiorato le condizioni di vita della popolazione e, inoltre, molti vedevano con sospetto l’autoritarismo bolscevico.

Una delle maggiori espressioni di opposizione al governo bolscevico fu la famosa rivolta di Kronstadt del gennaio 1921. Ventimila marinai si ammutinarono al regime sovietico, elaborando un proprio programma. Con questo programma gli ammutinati chiedevano:

  • una maggiore democratizzazione dello Stato;
  • libertà di parola;
  • la fine del comunismo di guerra;
  • la scarcerazione dei prigionieri politici.

 

La rivolta di Kronstadt fu repressa nel sangue dalle truppe di Troskij. Tuttavia non fu un completo fallimento. Già due mesi dopo, nel marzo del 1921, nel contesto del X Congresso del Partito Comunista, si decise per la fine del comunismo di guerra e l’apertura di un nuovo corso, la Nuova politica economica (NEP), voluta da Lenin.

La Nuova Politica Economica – 1921

La NEP voleva essere la risposta a due ordini di problemi. Il primo era certamente quello di migliorare le condizioni economiche del Paese. Le requisizioni dei beni ai contadini cessarono e ai contadini fu concesso di vendere il surplus, favorendo così la nascita di un ceto agricolo di piccoli proprietari (kulaki). Le aziende con un numero di impiegati minore di 20 furono escluse dalla nazionalizzazione e si pose fine al baratto. Il merito della NEP fu quello di riportare l’economia ai livelli di produzione e anteguerra. Il secondo problema che con la NEP Lenin volle affrontare fu di carattere politico. Un popolo affamato non fornisce un livello adeguato di consenso, ancora più utile ora che la rivoluzione non era esportabile. La Russia e il suo regime bolscevico dovevano rimanere in buona salute.

Fondazione dell’URSS – 30 dicembre 1922

La Russia, Stato immenso, ospitava tantissime nazionalità differenti. I Russi erano solo la maggioranza relativa (45% circa dell’intera popolazione). Il governo bolscevico, temendo tendenze indipendentiste e separatrici, nel 1922 riconobbe formalmente una certa autonomia di alcune componenti nazionali, con la nascita dall’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche. Tale riconoscimento era per lo più formale: le autonomie si limitavano agli affari interni, ma tutto il potere e le decisioni importanti continuarono a far capo a Mosca e al Politburo.

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