La Russia di Pietro I il Grande (1689-1725)

Pietro il Grande Cover

In questo articolo trattiamo di Pietro I il Grande, lo zar che avvio in Russia un significativo processo assolutistico, per molti versi simile a quello avviato da Luigi XIV di Francia.

L’arretratezza russa

Nel Seicento, sotto la dinastia dei Romanov, la Russia si presentava come un Paese arretrato. Mentre gli Stati dell’Europa occidentale nel corso dei secoli erano andati rafforzandosi e ammodernandosi la Russia rimaneva ancorata al Medioevo.

La caratteristica saliente dal punto di vista sociale era la distanza tra popolo e aristocrazia terriera. Quest’ultima, costituita dai Boiari, era ricchissima e viveva nel privilegio. La Duma, il parlamento russo, era l’istituzione dove i più influenti di essi trovavano un ruolo istituzionale e politico.. La servitù della gleba era una pratica che continuava ad esistere, nonostante le rivolte che attraversarono la Russia nella prima metà del Seicento.

Pietro I il Grande

Pietro I il Grande1, della dinastia Romanov, divenne zar all’età di dieci anni (1682).

Non assunse effettivamente il potere prima del 1689. Poco prima della sua incoronazione noto è il suo viaggio in incognito nell’Europa Occidentale (1687-1688). Nel contesto di questo viaggio, l’anonimo zar russo toccò vari Stati e zone come l’Inghilterra, la Germania, l’Austria e l’Olanda. Si dedicò anche a occupazioni umili, lavorando nei cantieri navali.

Nella mente del giovane Pietro I maturò la ferma convinzione che i modelli occidentali dovessero essere importati in madrepatria, vista la sua arretratezza.

Il processo di occidentalizzazione della Russia veniva ad integrarsi in un progetto di stampo assolutistico.

Abolizione della Duma e riforma dell’esercito

Il progetto assolutistico prese le forme di un riassetto significativo delle istituzioni russe. Il primo provvedimento di Pietro I fu certamente l’abolizione della Duma, l’assemblea parlamentare dove sedevano i boiari più importanti.

La Tavola dei Ranghi del 1722 provvide poi a riorganizzare la nobiltà in funzione della macchina burocratica statale. Secondo questo documento, ogni carriera statale (di corte, militare o amministrativa) era divisa in quattordici gradi (o ranghi).

Ognuno di questi gradi superava il precedente per prestigio e stipendio. Il titolo nobiliare era pertanto legato al grado raggiunto dal funzionario russo. Le carriere militari, dal canto loro, garantiscono il titolo nobiliare sin dal grado più basso. Le carriere erano inoltre aperte anche alla nobiltà minore, composta dai cosiddetti pomeščiki.

Certamente l’iscrizione della nobiltà all’interno della cornice burocratico-statale suscita malcontento. Un boiaro poteva essere superato da un pomeščiko più capace. Pietro I cercò di limitare questo malcontento riconfermando la servitù della gleba. Il malcontento fu solo parzialmente limitato con questa iniziativa. Per i nobili più resistenti la soluzione adottata fu la dura repressione, destinandoli a ricoprire le loro funzioni in Siberia.

L’esercito russo venne enormemente potenziato. Se nella prima metà del Seicento contava circa trentamila unità, agli inizi del Settecento la cifra fu decuplicata. Ora l’esercito russo contava circa trecentocinquantamila unità, di cui un terzo erano cosacchi.

Cosacchi
I cosacchi sono una comunità di guerrieri nomadi, affini ai mongoli, che occupava la steppa tra i fiumi Don e Dnepr. I cosacchi divennero ufficialmente parte dell’esercito russo quando la zarina Caterina II abolì l’Etmanato, lo Stato autonomo che i cosacchi formarono nei territori dell’Ucraina (1649-1764.)

L’abolizione del Patriarcato

Similmente al gallicanesimo di Luigi XIV, anche Pietro I il grande volle assorbire all’interno dei suoi potere la carica di capo spirituale. Nel 1721 lo zar abolì il Patriarcato Ortodosso e lo sostituì con una nuova istituzione, il Santo Sinodo. Questo nuovo organo è un assemblea di vescovi ortodossi guidati da un funzionario laico, nominato dallo stesso zar.

Il Patriarcato non verrà restaurato prima del 1917, anno della Rivoluzione Russa.

La fondazione di San Pietroburgo e la Seconda Guerra del Nord (1700-1721)

Un atto simbolico che identifica e segna la misura riformista di Pietro I è certamente la fondazione di San Pietroburgo. Il lavori per la fondazione della nuova capitale iniziano nel 1703 e procedono ad un ritmo molto serrato. Circa quarantamila lavorano a tempo pieno per edificare la città nel più breve tempo possibile.

San Pietroburgo, costruita più a Ovest rispetto a Mosca, la vecchia capitale, vuole proprio simbolizzare la simpatia dello zar per l’Occidente.

San Pietroburgo, la nuova capitale voluta da Pietro I il Grande, la cui costruzione è iniziata nel 1700.
San Pietroburgo nel noto quadro di Fëdor Alexseev, la nuova capitale voluta da Pietro I il Grande, la cui costruzione è iniziata nel 1700.

D’altro canto, la città sorge in prossimità delle coste del Mar Baltico, da sempre nelle mire espansionistiche dello zar. Lo scopo del sovrano Russo era sottrarre alla Svezia il domino su quelle acque attraverso l’ottenimento di una finestra sul Baltico. Ricordiamo che la Svezia si era garantita l’egemonia sul Baltico durante la Guerra dei Trent’anni (1618-1648). Aveva poi confermato questa egemonia nella Prima Guerra del Nord (1654-1660).

Non è un caso quindi che tra la Russia di Pietro I il Grande e la Svezia scoppi nel 1700 la Seconda Guerra del Nord. Il conflitto dura circa venti anni e si conclude con la pace di Nystad (1721). La vittoria della Russia assicura la tanto agognata finestra sul baltico.  È da questo conflitto in avanti che essa può essere annoverata tra le potenze dell’età moderna.

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