Carlo V: la fine del progetto universalistico – 1519-1556

Carlo V

In questo articolo trattiamo la figura di Carlo V, a cui si lega il fallimento della costruzione di un impero universale nell’Europa del Cinquecento. Questo articolo deve essere studiato in stretta connessione con quello sulla Riforma Protestante.

Un impero su cui non tramonta mai il sole

Nel 1519 Carlo V regna su un territorio vastissimo, consegnatoli dai suoi prestigiosi natali come pure da una serie di vicende dinastiche.

  • sui domini spagnoli, borgognoni e austriaci il suo regno è fondato sull’ereditarietà ed è di natura sacrale.
  • il titolo imperiale ha invece natura elettiva. Carlo lo ottenne nel 1519, comprando, grazie ai prestiti dei banchieri, il voto dei sette principi elettori1. In questo modo Carlo ebbe la meglio su altri candidati, come il re di Francia Francesco I e il duca di Sassonia Federico il Saggio2

 

 

I possedimenti di Carlo V in Europa
I possedimenti di Carlo V in Europa – Fonte: Zanichelli

La grande estensione dei territori soggetta al suo potere e l’influenza del suo tutore politico, Mercurino Arborio di Gattinara, lo portò a concepire il progetto di restaurare un enorme impero cattolico che comprendesse tutta l’Europa.

Carlo V e lo scontro con i comuneros – 1520-1521

Già prima di esser nominato imperatore, Carlo V, nel 1516, fu incoronato re di Spagna. I rapporti con i sudditi spagnoli furono certamente difficili. Carlo, che era nato in Belgio, non parlava lo spagnolo, era giovanissimo, non conosceva il Paese e le sue tradizioni. Inoltre tutti i suoi rappresentati e i suoi funzionari e consiglieri non erano spagnoli, ma per lo più borgognoni e fiamminghi.

I sudditi spagnoli maturarono la convinzione che nei piani di Carlo vi fosse quello di utilizzare la Spagna come un forziere da cui drenare risorse alla bisogna, senza particolare interesse da parte del sovrano per i destini di quello Stato. Convinzione irrobustita dall’abbandono della Spagna da parte di Carlo V che nel 1519 andava a prendere la corona imperiale in Germania, mentre lasciava la reggenza della Spagna al suo collaboratore Adriano di Utrecht3.

Il dissenso scoppiò nel 1520, in particolare in Castiglia, dove gli abitanti delle comunità cittadine, i cosiddetti comuneros, insorsero contro la centralizzazione di Carlo e l’imposizione fiscale. Ad ogni modo, il sovrano riuscì a sconfiggere nel 1521 i comuneros, ne fece giustiziare i capi, anche se dovette promettere di non modificare l’assetto fiscale. Le cariche amministrative, politiche più altre sarebbero inoltre andate ai funzionari Castigliani.

Le scontro contro Francesco I per Milano e il Sud Italia – 1516-1529

Il nemico più temibile che Carlo V dovette affrontare fu certamente il re di Francia Francesco I (1515-1547). Lo scontro tra Carlo e Francesco avvenne soprattutto per le coincidenti mire espansionistiche in Italia. Francesco I infatti mirava al controllo del Ducato di  Milano, ricchissimo e posizionato strategicamente nel cuore d’Europa, e di Napoli. Già nel 1516, un anno dopo esser salito al trono, Francesco I scendeva con un possente esercito in Italia, sconfiggendo Massimiliano Sforza a Marignano4. Con il trattato di Noyon dello stesso anno, Carlo, re di Spagna, ma non ancora imperatore, riconosce alla Francia il Ducato di Milano, confermando il dominio spagnolo sul Regno di Napoli.

Tuttavia, nel 1521, Carlo V, che nel 1519 era stato eletto imperatore, si interessa a Milano, che conquista scacciando i francesi e insediandovi Francesco Maria Sforza. Francesco I reagì tornando in Italia pochi anni dopo nel 1525. Le forze francesi e quelle dell’imperatore si scontrarono a Pavia dove le ultime ebbero la meglio. Lo stesso Francesco I fu catturato e imprigionato. Carlo lo costrinse a firmare il trattato di Madrid del 1526, con cui non solo si accordava all’imperatore il dominio su Milano e sul Regno di Napoli, ma si cedeva pure il ducato di Borgogna.

Una volta che fu liberato e ebbe fatto ritorno in Francia, Francesco I rigettò il trattato di Madrid e raccolse intorno a sé una alleanza antimperiale, la Lega di Cognac (1527). Di essa facevano parte, oltre ovviamente alla Francia, anche Firenze, le Repubbliche di Venezia e di Genova, il Ducato di Milano e la Chiesa di Clemente VII5. Ci si potrebbe chiedere come mai la Chiesa si schiera dalla parte del re francese, pur essendo le intenzioni di Carlo V di difendere la cristianità. La risposta è che Francesco I e Clemente VII condividevano la preoccupazione di vedere i propri territori circondati dai possedimenti di Carlo V.

Dal sacco di Roma alla pace di Cambrai – 1527-1529

L’adesione del papa alla Lega di Cognac fu considerata da Carlo come un vero e proprio tradimento. L’ira dell’imperatore prese le forme, nel 1527 del terribile sacco di Roma. Carlo V fece spostare a Roma le sue truppe mercenarie più abili e spietate, i lanzichenecchi6, soldati armati di lunghe picche molto abili nel attaccare il nemico a distanza. Un gran numero di essi era inoltre di fede luterana: odiavano pertanto la Chiesa cattolica. I lanzichenecchi, insieme alle restanti truppe dell’esercito imperiale, saccheggiarono la capitale per mesi, uccidendo migliaia di persone e danneggiando pesantemente il patrimonio artistico e culturale.

Il sacco di Roma del 1527 nel dipinto di Johannes Lingelbach
Il sacco di Roma del 1527 nel dipinto di Johannes Lingelbach

Il sacco di Roma del 1527, oltre ad avere un impatto psicologico traumatico, rappresentò per il mondo cattolico il punto di maggiore crisi del Cinquecento. Non dobbiamo dimenticare infatti che la cristianità del Cinquecento è lacerata dalla Riforma protestante.

Dopo due anni, nel 1529, dopo alcun sconvolgimenti nell’assetto territoriale italiano, mentre la Lega di Cognac si andava oramai dissolvendo, Francesco I firmò la pace di Cambrai, con cui riconosceva il predominio spagnolo sull’Italia. Alla Francia rimaneva il Ducato di Borgogna.

Il tentativo di ricomporre i disordini religiosi 1526-1555

Su questo argomento ti consiglio di  leggere questo paragrafo.

Lo scontro con Solimano “il Magnifico”

Il tentativo di Carlo V di rifondare un impero universale incontrano l’ulteriore difficoltà. Questa è rappresentata dall’espansionismo turco, guidato da Solimano il Magnifico (1520-1566). I turchi si espansero sino all’annessione di della metà meridionale dell’Ungheria (1526), il cui sovrano all’epoca era il cognato di Carlo V, Luigi II Jagellone. Quando i Turchi arrivarono ad assediare Vienna nel 1529. Nonostante non riuscirono a conquistare la città, la loro minacciosa presenza spaventò l’Occidente. Si arrivo così allo scontro navale di Prevesa del 1538, nel quale si fronteggiarono la flotta  europea, guidata da Adrea Doria, genovese fatto ammiraglio da Carlo V, e quella turca, guidata dal celebre pirata Khair ad-Dīn, più noto come Barbarossa7. Lo scontro fu vinto dai Turchi. Tuttavia i rapporti di forza tra i due blocchi rimasero gli stessi.

La fine del progetto imperiale

Il progetto dell’imperatore fallisce. L’Europa è troppo grande e diversificata per potere essere unita. Impossibile è anche la riconciliazione religiosa tra cattolici e luterani.  Con la pace di Augusta (1555), firmata Ferdinando I, fratello di Carlo , in cui si sancisce il principio cuius regio eius religio rende del tutto anacronistico l’ideale di un impero Europeo e cristiano-cattolico.

I problemi finanziari

A questo bisogna aggiungere questioni di carattere finanziario. I continui impegni bellici richiedevano un altrettanto continuo e ingente flusso nelle casse imperiali. Le entrate provenivano dal fisco, che non poteva essere ulteriormente irrigidito senza  aumentare il malcontento dei sudditi, che avrebbe esposto le casse statali a nuove uscite, quelle utili a sedare le rivolte. Altre entrate provenivano dalle colonie d’oltre oceano, in particolare metalli preziosi. Tuttavia, nella casse spagnole non entrarono grandi quantità di metalli preziosi se non prima degli anni Quaranta del Cinquecento8.

Carlo V fece quindi largo uso di prestiti concessi dai ricchi banchieri tedeschi, come la famiglia dei Fugger. In molte occasioni l’imperatore ripagò i prestiti anche attraverso la concessione di sfruttamenti minerari, o rendite di vario genere, o annullamento di imposizioni fiscali. Queste concessioni non facevano che limitare ulteriormente la liquidità a disposizione dell’imperatore.

L'impero economico della famiglia dei Fugger, potentissimi banchieri
L’impero economico della famiglia dei Fugger, potentissimi banchieri – Fonte: Zanichelli

Dall’abdicazione alla pace di Cateau-Cambresìs – 1556-1559

Carlo V aveva abdicato nel 1556, rifugiandosi in un monastero in Spagna, dove morì nel 1558. Divise suo impero viene diviso tra il figlio Filippo II e il fratello Ferdinando. Filippo II sconfiggerà nuovamente la Francia nella battaglia di San Quintino del 1557. Nel 1559 la pace di Cateau-Cambresìs sancirà infine la supremazia spagnola sull’Italia.

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