In questo articolo trattiamo il principato di Augusto che durò dal 27 a.C. sino alla morte del primo imperatore, nel 14 d.C..
Indice
La strategia di Augusto
In seguito alla vittoria contro Antonio nella battaglia di Azio (31 a.C.) Ottaviano poté tornare a Roma senza alcun nemico. In pochi anni, cumulando nella sua persona tutta una serie di cariche, riuscì ad ottenere un potere pressoché assoluto, ponendo di fatto fine al periodo delle guerre civili.
Pur conservando le istituzioni e il regime repubblicano, egli riuscì tuttavia a svuotare questi di ogni effettivo potere. Se de jure la Roma di Ottaviano era una res publica, de facto essa sarebbe finita coll’assumere i connotati di un impero.
Augusto e il principato
L’inizio del consolidarsi del suo potere può esser datato intorno al 32 a.C.. Già prima dello scontro definitivo con Antonio, Ottaviano aveva ricoperto la carica consolare ogni anno1. Nel 28 a.C. gli era stato anche conferito il titolo di princeps senatus, riconoscendogli il titolo di primo tra pari all’interno di quella istituzione, potendola convocare e presiedere, nonché votando per primo, in modo da definire un chiaro indirizzo politico delle votazioni. L’anno successivo, lo stesso rinuncia a queste prerogative. I senatori gli conferiscono quindi il titolo di Augustus.
Augustus |
Il titolo, di origine religiosa, indica la superiorità, la sacralità e la venerabilità del suo portatore. Di fatto Ottaviano diventa il primo cittadino di Roma, il personaggio più importante. Da Ottaviano in poi, questo titolo verrà assunto da tutti gli imperatori. |
Sempre dimostrando grande astuzia e prudenza politica, Ottaviano preferì al titolo di princeps, più debole di Augustus, che
denota un primo tra i pari, una personalità il cui prestigio è legato alle sue abilità di governo. L’età di Ottaviano infatti viene
definita principato e non impero.
Un cumulo di cariche
L’accentramento dei poteri nelle mani di Ottaviano passa per l’assunzione cumulativa di cariche, tutte previste dall’ordinamento repubblicano. Ne facciamo un elenco cronologico:
- Nel 23 a.C. assume la potestà tribunizia2, ottenendo la sacrosanctitas e la possibilità di opporre il veto a decisioni politiche a lui non gradite. Nello stesso anno ottiene l’imperio proconsolare, che gli garantisce il governo di tutte le province di Roma e lo pone al comando di tutto l’esercito. Rinuncia quindi al consolato, sebbene il suo controllo su di esso rimane fortissimo.
- Nel 12 a.C. ottiene la carica di pontifex maximus, che lo pone alla testa di tutte le autorità religiose.
- Nel 2 d.C. ottiene il titolo onorifico di padre della patria (Pater Patriae).
Gli ingredienti del potere: gestire il Senato e l’esercito
Al di là degli abiti ufficiali ed istituzionali, lo zoccolo duro del potere augusteo fu il modo in cui Ottaviano si occupò dei senatori
e dell’esercito:
- Si mostrò sempre rispettoso del Senato, ne onorò i componenti, ma, allo stesso tempo, li ridusse da 900 a 600, in modo da purgare l’istituzione da coloro i quali giudicava meno fedeli alla sua persona.
- Per quanto riguarda i rapporti con l’esercito, fu attenzione del princeps fare in modo che la paga dei militi fosse regolare, distribuire terre ai veterani, premiare chi seppe distinguersi con onori e avanzamenti di carriera. Allo stesso tempo quasi dimezzò il numero di legioni, che passarono da 50 a 28: in questo modo nessun generale avrebbe potuto disporre di un esercito troppo numeroso.
In aggiunta, moltissimi tra i generali promossi erano imparentati allo stesso Ottaviano. Istituì poi un nuovo corpo armato, l’unico a cui era permesso rimanere in armi nei confini del pomerio, la guardia pretoriana, una milizia comandata dal prefetto del pretorio il cui compito era quello di proteggere la persona del princeps.
Augusto e la politica interna
Oltre che ad occuparsi di rafforzare e consolidare il proprio potere, Ottaviano si occupò dell’amministrazione di Roma. In questo
contesto nacquero nuove cariche:
- il praefectus Urbi, una sorta di sindaco nominato dallo stesso Ottaviano, che si occupava dell’amministrazione della città;
- il prefetto dell’annona, il cui compito era l’organizzazione e la gestione delle distribuzioni gratuite di frumento, da sempre instrumentum regni per portare la plebe dalla propria parte;
- il curator aquarum, addetto alla gestione e allocazione delle risorse idriche;
- il prefetto dei vigili, una sorta di capo della polizia e dei vigili del fuoco, data la frequenza con cui a Roma, costruita per lo più in legno, soprattutto nelle zone popolari, scoppiavano incendi.
Augusto inoltre estese la cittadinanza romana ai popoli della Pianura Padana. La gestione del potere in queste zone fu delocalizzato alle magistrature locale, sebbene il governo centrale continuava ad occuparsi delle infrastrutture, come l’importantissima rete stradale, vero e proprio sistema circolatorio dell’impero.
Augusto e la politica estera
Ottaviano si occupò anche delle province. Uno dei suoi provvedimenti più significativi fu la divisione di esse in due tipologie:
- Province senatorie, quelle che da più tempo facevano parte del territorio Romano, come Sicilia, Macedonia, Grecia e l’Africa. Queste erano le province meno problematiche, proprio perché da più tempo romanizzate. Esse erano governate, secondo la tradizione, da proconsoli – per lo più ex consoli ed ex pretori scelti dal Senato.
- Province imperiali, annesse da meno tempo rispetto a quelle senatorie e pertanto più problematiche. Esse furono assegnate ai legati, ovvero governatori scelti da Ottaviano stesso tra le fila dei senatori.
- Un caso a parte fu l’Egitto che, sin dal 29 a.C., quando divenne provincia, fu sotto il controllo di Ottaviano per mezzo di suoi fidatissimi prefetti di estrazione equestre. L’Egitto inoltre, dal punto di vista fiscale, rispondeva soltanto alla volontà del princeps.
Ottaviano si occupò anche di reprimere la corruttela e il malgoverno che spesso si erano manifestati nel governo delle province: sarebbero stati dei funzionari statali, detti procuratori a prendersi cura della riscossione delle imposte.
La propaganda: difesa del mos maiorum
Una costante della narrazione che Ottaviano Augusto seppe costruire intorno alla propria figura fu quella di difensore dei valori tradizionali, quelli repubblicani. Diede sostanza a questa immagine sia attraverso il suo comportamento (moderazione, morigeratezza, difesa di religione e famiglia tradizionali, attaccamento ai valori della vita contadina piuttosto che alle ricchezze provenienti dal commercio), sia attraverso l’azione politica.
Rispetto a quest’ultima, egli promosse le leggi suntuarie, che promuovevano l’austerità nei costumi punendo l’esibizione del lusso, e le leggi sulla famiglia che promuovevano la natalità e punivano l’adulterio. Tuttavia Roma era già abbondantemente ellenizzata e i valori del mos maiorum dimenticati, soprattutto tra le classi più agiate.
Dunque, gli effetti concreti della difesa augustea del mos maiorum furono certamente limitati. Si può infatti sostenere che tali provvedimenti legislativi facessero più il gioco politico della macchina della propaganda. Tuttavia è interessante notare che lo stesso Ottaviano non si sottrasse alle leggi: per coerenza con esse nel 2 a.C. esiliò la fuglia Giulia, colpevole di una condotta giudicata immorale e scandalosa.
La propaganda: il culto dell’imperatore
Al fine di avvicinarsi alla divinizzazione della sua persona3, e ben comprendendo che l’abitudine orientale di divinizzare i sovrani era indigesta ai suoi concittadini, Ottaviano avvicinò la sua figura ad una nuova divinità, la dea Roma, personificazione divina della città. Inoltre impose la venerazione dei Lari4, della stirpe imperiale e del Genio augusteo.
A questi provvedimenti dobbiamo aggiungere chiamò Iulius – in onore di Cesare, di cui la plebe conservava un ottimo ricordo – il
quinto mese dell’anno5, e Augustus il sesto.
La propaganda: l’immagine di Augusto nelle arti
Ottaviano fu molto abile anche ne servirsi dell’arte come strumento di propaganda. L’ellenizzazione, e dunque la diffusione dell’alta cultura, aveva dato vita a diversi circoli intellettuali e artistici, di cui il più importante era quello di Gaio Cilnio Mecenate, di cui facevano parte grande scrittori come lo storico Tito Livio, Orazio, Properzio e Virgilio, autore dell’Eneide, poema epico celebrativo delle origini del princeps.
Se questi intellettuali furono onorati e protetti, altri, come Ovidio, furono puniti, non allineandosi al sistema di propaganda. Ovidio,
autore di opere troppo licenziose, fu esiliato sul Mar Nero, mentre le opere di Tito Labieno, nostalgico della vecchia Repubblica, furono date alle fiamme.
Per celebrare la propria figura, Augusto utilizzò anche epigrafi delle sue gesta, monete sulle quali era rappresentata la sua effige come pure ritratti statuari che celebravano le sue capacità belliche, il suo buon governo e la sua religiosità.
La città di Roma sotto Augusto
Sebbene fosse una delle città più grandi del mondo, la Roma di Augusto non era ancora il trionfo marmoreo a cui siamo abituati a pensare. La città si era ingrandita senza un particolare ordine o piano urbanistico. Moltissimi edifici, compresi i templi, erano fatti in legno e molte strade non erano pavimentate.
Per celebrare la potenza di Roma Ottaviano diede origine a tutta una serie di costruzioni, tra cui il Foro di Augusto, il Teatro di Marcello6 e, ancora, un enorme mausoleo destinato a diventare la sua tomba come pure quella della sua famiglia e dei suoi uomini più fedeli. Il mausoleo sorse lungo il Tevere che, in quell’occasione, fu ripulito e i suoi argini rinforzati. L’abbellimento conosciuto da Roma in quel periodo toccò anche molte città dell’impero.
Pax romana e guerre giuste
Il periodo di governo di Ottaviano passò alla storia come Pax Augusta, caratterizzata dalla quasi totale assenza di conflitti interni. Celebrativo di questa pax romana fu l’Ara Pacis, monumento con ricche decorazioni allegoriche funzionali alla macchina propagandistica del princeps.
Questo non significa che l’impero non subisse minacce esterne a cui doveva rispondere. Ogni guerra in questo senso erano bella
iusta, ovvero guerre che Roma, in sua difesa, aveva pieno diritto a condurre. In particolare Roma era impegnata su due fronti:
- In Medio Oriente, Ottaviano dovette affrontare l’espansionismo dei Parti. In questo caso non ricorse alla guerra, ma alla diplomazia, ottenendo nel 20 a.C. indietro le insegne di Crasso, morto nel 53 a.C. a Carre e utilizzando questo risultato, più che altro simbolico, come strumento di propaganda.
- A Nord, dopo la pacificazione di Gallia e Spagna, nei territori dell’attuale Germania e Austria, i popoli germanici, bellicosi e arditi, non permisero alle truppe romane di stabilizzare il fronte dell’Elba. Anzi, i Romani conobbero, per mano di Arminio, generale germanico, una pesantissima, disastrosa sconfitta nella selva di Teutoburgo (9 d.C.). Il fronte retrocedette verso il Reno e il Danubio.