Dall’ascesa di Mario alla dittatura di Silla – 105-79 a.C.

Mario e Silla

In questa lezione trattiamo il periodo della Repubblica romana che va dall’ascesa di Mario alla dittatura di Silla.

Le nuove minacce a Roma

A partire dai primi decenni del II sec. a.C., per Roma si aprivano nuovi fronti bellici. In particolare a sud, in Africa, Giugurta, coinvolto nella guerra di successione in Numidia dopo la morte di re Micipsa, aveva assediato la città di Cirta, massacrandone anche i cittadini romani. Da Nord invece le tribù germaniche dei Cimbri e dei Teutoni devastavano e saccheggiavano la Pianura Padana e la Gallia Meridionale.

Il fronte meridionale portò guerra a Giugurta. La guerra giugurtina (111-105 a.C.) si concluse tuttavia con un nulla di fatto. Poche scaramucce che non cambiarono significativamente lo status quo.

Mario ascende al consolato

Sul piano interno, a Roma, non si era mai effettivamente stabilizzato il conflitto sociale tra optimates e populares. Come sappiamo, tale conflitto risaliva alle tanto contestate riforme dei Gracchi. Il clima di corruttela fece sì che Gaio Mario, esponente dei populares, diventasse console nel 107 a.C. sfruttando l’indignazione del popolo.

Mario si dedicò alla guerra contro Giugurta, ma prima riformò l’esercito. Lo aprì ai nullatenenti, i quali divennero a tutti gli effetti, soldati di professione, stipendiati dalla Repubblica, che comprava armi dai cavalieri per armare i soldati. Uno degli effetti di tale riforma fu la fedeltà dei soldati non tanto alla Repubblica, quando più al loro generale. Questa dinamica favorì pertanto i generali nella lotta al potere.

Ad ogni modo Mario, soprattutto grazie a Silla, suo luogotenente, sconfisse Giugurta, giustiziato poi a Roma. Il console, eletto più volte sino al 100 a.C., ebbe poi ragione anche dei Cimbri e dei Teutoni.

La guerra sociale – 91-89 a.C.

Se a Roma, viste le vittorie di Mario rafforzavano il prestigio dei populares, nello stivale si profilava una nuova minaccia. In particolare le popolazioni italiche, i cosiddetti socii di Roma, pretendevano di ottenere la cittadinanza romana. La plebe di Roma era contraria a tale concessione: del resto la cittadinanza romana era l’unico status che essi potevano vantare.

Nel 91 a.C. Livio Druso, anche lui esponente dei populares e vicino a Mario, fu ucciso su ordine dei Senatori, data la sua intenzione di concedere la cittadinanza agli italici. Il Senato infatti voleva cavalcare politicamente l’indignazione della plebe per affossare i populares. Il risentimento degli Italici, ed in particolare di Etruschi e Umbri, portò alla guerra. Mario e Silla non ebbero successo nel contenere la massiccia sollevazione e, alla fine, Roma dovette concedere la cittadinanza a condizioni che i ribelli avessero deposto le armi. I nuovi cittadini romani erano tutte quelle popolazioni che risiedevano in un’area che arrivava sino al Rubicone.

La guerra civile tra Mario e Silla

Non appena finì la guerra sociale, Mitridate, re del Ponto, una zona a nord della penisola anatolica, invase la provincia d’Asia e iniziò a massacrare gli abitanti Romani. A Roma, la concessione della cittadinanza ai socii aveva indebolito la fazione dei populares. Il Senato ebbe così via libera per incaricare l’abile condottiero Silla che, pur essendo il luogotenente di Mario, apparteneva alla fazione degli optimates, di partire per fermare Mitridate.

I populares, facendo pressione sui comizi tributi, cercarono di far ritirare la nomina di Silla come comandante in capo della spedizione contro Mitridate. Tuttavia, i comizi tributi non avrebbero potuto, stando alla legge di Roma, destituire un comandante nominato dal Senato.

Silla, forte della fedeltà dei suoi uomini1, prima ancora di partire per l’Asia, marciò verso Roma, mettendo in fuga i populares, tra cui lo stesso Mario. Iniziò così il periodo delle guerre civili che funestarono Roma.

Le guerre mitridatiche – 89-81 a.C.

Silla, controllata la capitale, partì finalmente alla volta dell’Asia con lo scopo di sconfiggere Mitridate. L’impeto conquistatore del re del Ponto fu bloccato in due tempi, con prima guerra mitridatica (89-85 a.C.) e con la seconda (83-81 a.C.).

La dittatura di Silla – 82-79 a.C.

Silla, sul concludersi delle guerre contro Mitridate, dovette rientrare in Italia. A Roma i populares avevano ucciso moltissimi esponenti della fazione conservatrice. Il ritorno di Silla segnò l’inizio di un periodo tragico per i populares. Mario era morto già nell’86 a.C. ed ora Silla, con la battaglia di Porta Collina (82 a.C.) divenne il signore indiscusso di Roma.

Le sue prime azioni furono quelle di reprimere duramente gli avversari politici iscritti nelle liste di proscrizione. Le proprietà dei cavalieri e dei senatori così perseguiti e uccisi da Silla furono in parte vendute a prezzi convenienti a uomini di fiducia del comandante e in parte assegnate ai suoi soldati.

Per consolidare il suo potere dal punto di vista legale, Silla si fece nominare dittatore a vita. Tutta la sua azione politica successiva ebbe come fine quello di rafforzare il potere dei senatori – che passarono da 300 a 600 – a scapito della classe equestre e dei plebei. Di essi fu indebolito il tribunato, mentre più rigido divenne il cursus honorum per diventare console. Più precisamente, si sarebbe potuti diventare consoli non prima dei 42 anni e solo a condizione di aver ricoperto tutte le cariche minori.

A Silla si deve inoltre l’estensione del pomerio, il confine sacro2, che arrivò sino al Rubicone, fin dove, in altre parole, si estendeva la cittadinanza. Il dittatore si ritirò dopo pochi anni nella sua residenza a Cuma, dove morì nel 78 a.C..

Sebbene Silla si fosse impegnato per restaurare il potere senatoriale, la Repubblica si era oramai incrinata nella direzione del personalismo: un generale, forte di un esercito fedele, avrebbe potuto – come poi accadde – marciare su Roma per conquistarla e ottenere un potere enorme, maggiore dello stesso Senato, cuore dell’assetto repubblicano.

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