Gli Open Data secondo Francesco “Piersoft” Paolicelli

Piersoft

Dare spazio e visibilità alle professionalità legate al mondo dei dati

Pensiamo che sia importante dare spazio e visibilità a quelle persone che con talento e professionalità si occupano di dati e di come comunicare il loro valore nascosto a tutti noi.

Saper comunicare questo valore è di fondamentale importanza e, per la nostra seconda intervista abbiamo scelto uno dei massimi esperti di Open Data a livello nazionale, Francesco “Piersoft” Paolicelli.

Open Data

Chi è Francesco “Piersoft” Paolicelli?

Francesco “Piersoft” Paolicelli è uno dei massimi esperti italiani di Open Data. Stiamo parlando di una personalità – come lui stesso si definisce – eclettica. Nella sua vasta esperienza ha ricoperto il ruoli di imprenditore, consulente, docente (sia a livello di scuola superiore che a livello universitario per LUM Luis Monnet), sviluppatore di app iOS, ma anche musicista e padre.

Venendo poi al tema del nostro blog, forse, tra i tanti ruoli che ha ricoperto, particolare attenzione ha ricoperto – fin dal 2013 – quello di curatore del progetto Open Data della città di Matera e alla candidatura di questa città a capitale europea della cultura per il 2019.

Francesco Piersoft Paolicelli

L’esperienza di F. Paolicelli negli Open Data si è poi espansa sino a toccare altre importanti realtà, come Lecce, Galatone, Terlizzi, permettendo a queste amministrazioni di distinguersi e vincere diversi premi.

Ha fatto anche  parte della task-force per l’Agenda Digitale della Basilicata.

Potremmo dilungarci ancora, ma per qualsiasi altra informazione potete visitare il suo blog. Adesso passiamo alle cinque domande che noi di Prometheus Studio gli abbiamo rivolto.

L’intervista

Domanda 1

VFB: Buongiorno Dott. Paolicelli e grazie del tempo che ci dedica. Partiamo dalle basi. Il nostro blog tratta della cultura dei dati, e come tale Le chiediamo gentilmente di definire cosa sono gli Open Data.

FPP: Ci sono tante definizioni tutte valide. Quella che mi piace di più, che è questa

«un contenuto o un dato si definisce aperto se chiunque è in grado di utilizzarlo, riutilizzarlo e ridistribuirlo, soggetto, al massimo, alla richiesta di attribuzione e condivisione allo stesso modo»

Non rende però l’idea dell’impatto socio-politico-economico dei dati aperti. I dati aperti si basano sul doppio pilastro di “data” cioè interoperabilità del formato nonché accessibilità universale e su “open” cioè il pilastro giuridico che non è solo il contenuto che di solito non è facilmente accessibile ma neanche riutilizzabile perché vigono copyright, blocchi, resistenze culturali. Open Data sono uno dei pilastri della democrazia partecipata.

Domanda 2

VFB: Sulla Sua pagina Web si legge che gli Open Data sono un atto politico. Ci potrebbe spiegare il senso di questa affermazione?

FPP: Gli Open Data sono i pilastri del Governo Aperto. La definizione che l’OKF ha racchiuso in questa infografica tradotto in italia dalla FBK rende benissimo il concetto. 

Un decisore pubblico nel terzo millennio ha bisogno della collaborazione e partecipazione della comunità e dei vari portatori di interesse. Ha necessità di una comunità forte e preparata che possa dare un valore aggiunto alla propria azione politica, fermo restando le responsabilità e i ruoli di ciascuna parte. Per poter partecipare in maniera compiuta alle vita pubblica, la comunità e il decisore devono parlare la stessa lingua, lo stesso codice. Gli Open Data sono questa cerniera.

Se bisogna parlare ed approfondire grandi atti pianificatori come i PUG o PUMS e i cittadini/stakeholders non possono prima studiare “le carte”, la riunione finisce per essere che il sultano di turno condivide le proprie idee e basta.. non c’è partecipazione attiva alla decisione ma solo un subire le scelte. I dati aperti sono scomodi in questo passaggio per chi ha necessità di sottrarsi al confronto…

Per questo sono un atto politico:

con gli Open Data si mettono in condizione tutti di avere un proprio vantaggio dall’azione politica. Economico, di conoscenza, culturale, sociale…appunto politico.

INFOGRAFICA OPENDATA

Domanda 3

VFB: Come si apprende dal suo curriculum, Lei ha vasta esperienza nel settore dell’istruzione e a più livelli, dalle scuole medie superiori all’università. A suo parere e limitatamente alle scuole superiori, si sta facendo abbastanza per promuovere la cultura dei dati? Quello che si fa è sufficiente o vi sono consigli e best practice che sente di poter dare?

FPP: La migliore best practice è sicuramente “A Scuola di OpenCoesione” il progetto del Dipartimento della Coesione Territoriale insieme al MIUR. E’ un’ottima esperienza per la promozione della cultura del dato. 

A questa si sono aggiunti anche un paio di Azioni del Piano Nazionale Scuola Digitale dove si sostiene la cittadinanza digitale e proprio direttamente gli Open Data. Certo dalle intenzioni ai fatti il passo è lungo. Poche scuole hanno colto l’importanza di questa apertura.

Molte però , come a Francavilla Fontana, hanno utililizzato gli Open Data comunitari in PON scolastici per la mappatura dei beni culturiali, monumentali e architettonici. Stessa cosa con il bando MIBAC “Terra delle Gravine” dove 14 classi hanno affiancato 12 Amministrazioni Comunali per poter mappare luoghi turistici e culturali per creare percorsi di promozione locale ed hanno pubblicato tutto sul portale dati.terradellegravine.eu.

In maniera più mirata ci sono state le esperienze di Galatone e Francavilla Fontana dove all’interno dell’Alternanza Scuola Lavoro, classi del E.Medi e del Fermi dei due comuni pugliesi, hanno accompagnato le loro rispettive amministrazione nel censimento, pubblicazione e riuso dei dati pubblici. Nei portali dati.comune.galatone.le.it e dati.comune.francavilllafontana.br.it

trovate tutto il loro il lavoro, con anche mappe in riuso a corredo. Hanno imparato tantissimo. Ma siamo molto lontani da un “sistema” scolastico attento in maniera diffusa.

Domanda 4

VFB: Tornando agli Open Data possiamo apprezzare che comuni come quelli di Lecce e Matera (per il Meridione) e Milano e Bologna (per il Settentrione siano fulgidi esempi nel fornire dati ai propri abitanti. Perché è importante per una amministrazione rendere i propri dati pubblici e qual è l’iter che una amministrazione dovrebbe intraprendere se volesse “aprire” i suoi dati?

FPP: Non conosco la ricetta ma posso dire per la mia esperienza cosa ha funzionato e cosa, a mio avviso si dovrebbe fare. Cambia tutto a seconda della scala dell’Amministrazione. Un città metropolitana come Milano o Bologna hanno risorse economiche ed umane che Lecce o Matera non posseggono. A Lecce il settore IT è piccolissimo e sono quasi tutti amministrativi. A Matera idem. 

Milano gode di una infrastruttura informatica costruita negli anni, immensa. Persone preparate, fondi, governance. Lì si sta facendo un grande lavoro perché c’è anche il “cappello” della Regione Lombardia con la sua partecipata informatica. A mio avviso, insieme alla Provincia Autonoma di Trento, sono assolutamente i best performer italiani. Aggiungerei anche il grande lavoro del FVG. 

Ma… c’è un ma.

Ci si concentra tantissimo sulla parte tecnica e meno su quella politica e di coinvolgimento. Quali dati pubblicare? cosa serve alla comunità? Pubblicare i dati, magari in formato Linked OpenData è una cosa meravigliosa ma non diventa efficace e di impatto se non ho: 1) una comunità preparata a riusare questi dati 2) una comunità interessata a questi dati. Insomma ci vuole un approccio a 360 gradi e non solo tecnologico

Nelle piccole e medie città io suggerirei proprio questo. Dato che non si hanno risorse economiche a sufficienza per cambiare i sistemi informativi si va per gradi. Si crea la cultura del dato formando i dipendenti più ricettivi (non più smart…), si analizzano i sistemi informativi e si cerca di capire quali magari possono pubblicare in automatico i dati, si fanno incontri con i portatori di interesse su ciascuna tematica da sviluppare. Finita la fase iniziale, si “cristallizza” in un atto amministrativo il piano di rilascio dei dati inserendo tali dati nel piano performance dei dirigenti. Ovviamente si crea il team Open Data interno all’ente e trasversale dei vari dipartimenti/uffici.

Ci vogliono pochi mesi per pubblicare i primi dati. poi rendere permanente il processo richiede persone dedicate e deleghe precise. In questo credo che i nuovi RTD debbano avere un ruolo chiave insieme agli Open Data Manager. Non è una questione solo informatica ma strategica e come detto prima politica. Per qui è indispensabile avere un Assessorato dedicato come delega al processo.

Domanda 5

VFB: L’ultima domanda che le pongo è la seguente: la dimensione digitale, essendo onnipresente, coinvolge anche la cittadinanza. Saprebbe dirci che ruolo gioca il digitale nella ridefinizione civica degli individui? O, più semplicemente, come si fa ad essere un buon cittadino nell’epoca del digitale?

E’ una domanda che richiede un libro: The Game di BariccoOggi il digitale è uno strumento che ti aiuta ad accedere alla conoscenza. Devi avere altre capacità umane per poter avere le leve per leggere questa conoscenza che prima era di pochi e mediata da pochi (le élite).

Questo impone di non vedere il digitale come fine ma appunto come strumento a supporto di tutte le altre scienze e discipline nel caso della Scuola. Se non padroneggi o non ci sono “centri di assistenza” per aiutarti a padroneggiarlo, il digitale lo subisci e con lui subisci la negazione del diritto ad essere cittadino consapevole.

Se non sai fare la ricarica della mensa di tuo figlio, se non sai leggere e scaricare la tua busta paga, se non sai accedere al tuo fascicolo sanitario digitale, se non sai accedere alla tua posizione previdenziale o fiscale, se non sai leggere i voti del registro elettronico dei tuoi figli o nipoti, se non sai cercare una cosa sul web senza incappare in fake news o tranelli , beh… allora credo che avrai molti problemi a vivere nel terzo millennio e ti fermerai sempre più spesso in superficie.

“Che tu sappia che la superficie del mare non è il mare” dice Silvano Agosti. 

Credo che sia proprio qui il punto anche elettorale degli ultimi anni. Vedi Trump con Cambridge Analytica e i vari bot che influenzano l’opinione pubblica dopo aver preso i nostri dati per profilarci come utenti.

The Game - Baricco

Siamo arrivati alla fine della nostra intervista. Speriamo che questo articolo vi abbia illuminato sulle potenzialità degli Open Data e sulla responsabilità che non solo le amministrazioni, ma anche i cittadini devono abbracciare.