Pitagora, la scuola pitagorica e i pitagorici notevoli

Pitagora e Scuola Pitagorica Cover

In questo articolo trattiamo la figura del filosofo Pitagora, fondatore e capo della Scuola Pitagorica, il pensiero pitagorico e i filosofi pitagorici più notevoli.

Pitagora

Uno scolarca divino

Non vi sono opere attribuibili a Pitagora (Samo, 570 a.C. – Uno scolarca Metaponto, 495 a.C.). Una dottrina che certamente gli si attribuisce è quella della metempsicosi. Secondo Pitagora, infatti, il corpo era una prigione per l’anima. Pitagora fu a capo di una scuola filosofica di carattere settario, aristocratico, mistico e segreto che si affermò nel Sud Italia, tra Crotone e Taranto.

Gli adepti lo consideravano come il depositario di una sapienza divina, che non poteva essere modificata in alcun modo. Proprio in questo senso nacque, per la prima volta, l’espressione ipse dixit e che poi, in epoca medievale, fu
generalmente riferita ad Aristotele.

La vita

Della vita di Pitagora si sa ben poco di fondato di fronte a  moltissime leggende. Storicamente, sebbene Pitagora nacque a Samo, fu successivamente costretto ad abbandonare la sua città natale a causa della tirannide di Policrate (537-522 a.C.).

Si recò quindi a Crotone intorno al 540-535 a.C. e lì vi fondò la scuola pitagorica che incontrò presto il consenso delle classi aristocratiche crotonesi. In quel periodo la Magna Grecia fu teatro di alcuni sconvolgi menti di carattere politico, segnati da spinte democratiche. In particolare a Sibari scoppiò una rivoluzione che spinse gli aristocratici di Crotone vicini al pitagorismo, a dichiarare guerra alla vicina città che fu poi distrutta intorno al 510.

Presto tuttavia il moto democratico raggiunse anche Crotone, così venne incendiato lo stesso edificio dove i pitagorici si riunivano. Alcuni di essi furono uccisi, altri, tra cui lo stesso Pitagora, fuggirono.

La Scuola Pitagorica

Concentrandoci adesso sulla natura della scuola-setta pitagorica, possiamo dire che i suoi insegnamenti non erano scritti, ma diffusi oralmente. Da quanto sappiamo, l’insegnamento avveniva per gradi, come accadeva nelle religioni misteriche. Possiamo distinguere due momenti fondamentali dell’apprendimento:

  • Il momento degli adepti si limitavano all’ascolto e all’apprendimento di alcune conoscenze riguardanti i rami
    disparati del sapere, come l’astronomia e la matematica. A questi adepti, chiamati
    acusmatici (coloro che ascoltano), non venivano spiegati i principi alla base delle conoscenze apprese. Bisogna anche dire che gli adepti
    dovevano obbedire anche a tutta una serie di precetti, per lo più rivolti all’ascetismo. Era vietato il consumo di fave e di carne.
  • Il secondo momento era proprio dei matematici, coloro i quali studiando i mathémata, che apprendevano la natura degli oggetti più alti. Essi erano preparati in astronomia e musica. Lo studio di queste alte discipline doveva essere la condizione per la quale l’anima poteva innalzarsi al momento di una successiva reincarnazione.

Il Pitagorismo

Venendo al nucleo centrale della dottrina pitagorica, possiamo affermare, seguendo Cambiano1, che:

Aristotele attribuisce ai pitagorici le dottrine secondo le quali i numeri costituiscono i principi e l’essenza di tutte le cose e le cose imitano i numeri.

Ora, questa tesi cardine va senz’altro chiarita. Possiamo in prima battuta affermare che la tesi secondo cui i numeri sono l’essenza delle cose è l’affermazione di una posizione ontologico-gnoseologica per la quale qualsiasi ente e/o fenomeno trova nella sua riduzione ultima un numero. Questo comportava perfetta coincidenza tra aritmetica e geometria. Come scrive Abbagnano2:

Aritmetica e geometria venivano così fuse e considerate pressoché identiche dai pitagorici. Un numero era nello stesso tempo una figura geometrica; e una figura geometrica era un numero. Ma la figura geometrica è una disposizione, un ordinamento di punti nello spazio; il numero esprime la misura di questo ordinamento.

Questa posizione non riguarda solo e soltanto la filosofia della matematica, ma anzi è una pretesa metafisica. I numeri erano alla base di tutti i fenomeni: quelli celesti, le armonie nella musica, i cicli vitali di piante ed animali. In conclusione, l’intero cosmo era per i pitagorici basato su configurazioni numerico-geometriche.

Alla base dell’aritmo-geometria

Riguardo a questa tesi metafisica dei pitagorici, gli storici hanno avanzato ipotesi generiche. Bisogna ricordare almeno due elementi:

  • L’importanza del punto: il punto era considerato come l’unità base per costruire qualsiasi configurazione
    aritmo-geometrica. Esso, in effetti, non veniva considerato un vero e proprio numero, ed era detto parimpari,
    cioè né pari né dispari, capace di generare un numero pari da un numero dispari mediante la sua sottrazione, e di
    generare un numero dispari da un numero pari mediante la sua addizione.
  • I Greci eseguivano operazioni aritmetiche mediante dei sassolini (calculus deriva in effetti dalla parola latina per sassolino). Essi ponevano questi sassolini in determinate configurazioni per rappresentare il numero interessato. La disposizione di questi sassolini in determinati modi permetteva inoltre la dimostrazione empirica (non una dimostrazione in senso contemporaneo quindi) di alcune proprietà basilari dei numeri naturali, come le successioni dei quadrati.

 

Entrambi questi elementi e non solo questi suggerirono plausibilmente ai pensatori pitagorici la concezione di un cosmo come un tutto ordinato in maniera discreta. Questa convinzione non tardò ad entrare in crisi, contemporaneamente allo stesso pensiero pitagorico.

La non commensurabilità della diagonale del quadrato

Ippaso di Metaponto, pitagorico anch’egli, divulgò contrariamente al carattere esoterico della setta, il risultato secondo il quale la diagonale del quadrato non è commensurabile con il lato. Tale scoperta, che racchiudeva in sé l’esistenza di numeri diversi dai naturali, contraddiceva in maniera immediata la concezione del cosmo come ordine discreto, e tradizione vuole che i pitagorici, per punire Ippaso, costruirono la sua tomba. Ippaso, di lì a poco,
stando a Diogene Laerzio e Giamblico , morì in un naufragio.

Pitagorici notevoli

Abbiamo già avuto modo di presentare la figura di Ippaso da Metaponto. Dobbiamo aggiungere che, secondo Giamblico, egli fu anche lo scopritore del dodecaedro regolare.

Filolao

Un altro pitagorico degno di nota è sicuramente Filolao, vissuto nel V secolo a.C.. A lui si deve la felice intuizione che secondo la quale non è immobile, ma si muove, insieme al cielo delle stelle fisse, a Saturno, Giove, Marte, Mercurio e Venere, lo stesso Sole e l’Antiterra (un pianeta postulato affinché il numero dei corpi celesti fosse il 10, numero sacro per i pitagorici) intorno ad un fuoco centrale, detto Hestia. La luce e il calore di quest’ultimo è riflesso sui pianeti da parte del Sole, concepito da Filolao come una grossa lente.

Filolao era anche convinto che quello che oggi chiameremmo moto di rivoluzione avvenisse da occidente ad oriente, mentre tutti oggi sappiamo che vale il contrario. Bisogna ricordare che, probabilmente, fu da questa intuizione di Filolao che l’aristotelico Aristarco di Samo (III sec. a.C.) elaborò il primo sistema eliocentrico, e che fu poi dimenticato o negato sino all’avvento del copernicanesimo.

Ecfanto di Siracusa ed Enoclide

Un altro membro rilevante della scuola pitagorica e che si distinse nel campo dell’astronomia fu Ecfanto di Siracusa. Tradizione vuole che egli fu il primo a riconoscere un movimento rotatorio coinvolgente la Terra. Una menzione va anche ad Enoclide che sarebbe stato il primo ad asserire che l’asse terrestre è inclinato rispetto al piano dell’enclitica.

Alcmeone di Crotone

Infine, nella cerchia dei pitagorici, sebbene sia dubbio che egli sia stato un allievo di Pitagora, va ricordato Alcmeone, medico di Crotone. Egli fu il primo esponente dell’encefalocentrismo, secondo cui la vita psichica e spirituale dell’individuo non risiede nel cuore, come la quasi totalità dei Greci riteneva a quel tempo, bensì il cervello:

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